Il primo Airbus del ponte aereo Kabul-Parigi è atterrato in Francia il 15 agosto. Da allora sono circa 1200 gli afghani evacuati. Un'emergenza che è quasi una routine per Didier Leschi, uno dei migliori esperti in materia d'immigrazione in Francia, oggi direttore dell'Ofii, l'Ufficio francese per l'immigrazione e l'integrazione.
Negli ultimi tre anni, sono stati circa 10mila ogni anno gli afghani a chiedere asilo, in larghissima maggioranza uomini, poco formati, spesso analfabeti. «Ci aspettiamo un cambiamento nel profilo di chi arriverà ora in Francia. L'arrivo dei Talebani al potere porterà a far migrare più donne, categorie sociali superiori, persone provenienti dalle grandi città. Già i primi arrivi mostrano un maggiore equilibrio tra uomini e donne e la presenza di famiglie», diceva qualche giorno fa Leschi. Poi le cose sono precipitate.
Quanti afghani sono arrivati finora in Francia, dopo la caduta di Kabul e l'inizio del ponte aereo?
«Per ora sono 1200. Ne aspettiamo almeno il doppio nei prossimi tre o quattro giorni».
Siete in grado di prevedere quanto tempo ci vorrà per far arrivare in Francia - e in Europa - tutti quelli che devono essere evacuati?
«Tutto deve svolgersi molto velocemente, perché sappiamo che gli americani partiranno nel fine settimana. Per questo parlo di quattro o cinque giorni».
Avete avuto il tempo di preparare il ponte aereo, di gestire l'evacuazione e soprattutto gli arrivi in Francia?
«Diciamo che in questo tipo di operazione e per quanto riguarda l'immigrazione siamo abituati al fatto che le cose si svolgano così. I dispositivi esistono. È quello che abbiamo dovuto far funzionare, per esempio, nel caso dell'evacuazione del campo di Calais».
Per gestire la situazione a Kabul siete stati portati a dover già negoziare, o almeno a coordinarvi, con i talebani?
«Stiamo lavorando sulla base degli accordi già negoziati dagli americani per consentire alle persone di poter accedere all'aeroporto. Poi è l'ambasciatore francese a Kabul a organizzare le cose sul posto».
Esiste in questo momento una coordinazione europea nella gestione delle evacuazioni?
«La coordinazione esiste in questo momento soprattutto per i casi di cittadini presi da altri paesi, arrivati in altre capitali europee, ma che poi devono essere trasferiti in Francia. Poi c'è il personale dell'Unione Europea che è preso in carico in modo coordinato tra i paesi membri, ma si tratta di una minoranza».
La situazione all'aeroporto di Kabul com'è in questo momento?
«Molto difficile».
Come sono organizzati l'arrivo e la prima accoglienza dei rifugiati del ponte aereo da Kabul?
«A parte le precauzioni legate alla situazione sanitaria, è in vigore il dispositivo dell'accoglienza tradizionale. Dopo una quarantena di dieci giorni i rifugiati verranno inviati in centri di accoglienza in diverse città dove ci sarà un esame delle situazioni caso per caso e l'avvio della procedura di richiesta di asilo».