Il nodo del debito/ L'Italia, il rating e le misure da adottare subito

Domenica 22 Ottobre 2023 di Angelo De Mattia

È eccessiva una certa atmosfera di scampato pericolo a seguito del pronunciamento di Standard&Poor’s che ha confermato, per l’Italia, “rating” e “outlook” in precedenza assegnati.

E’ stata fuorviante la “suspense” creatasi in previsione di un giudizio che si temeva da alcuni non positivo. Ciò non significa declassare completamente il ruolo delle agenzie di rating - soggette tuttavia a norme regolatrici e, se si può dire, di supervisione, inadeguate - ma semplicemente che esse non possono essere assunte come efori, definitivi vigilanti-giudici, secondo la figura ripresa da Joseph Schumpeter per altri soggetti dell’economia. 

Nè va trascurato come a queste società sfugga la questione, certamente non secondaria per le istituzioni democratiche rappresentative, della sostenibilità sociale delle misure possibili. Altri, e più titolati, valutatori vanno considerati anche nella formazione delle aspettative: dalla Bce alla Commissione europea, al Fondo monetario internazionale, istituzioni comunque pur sempre contestabili motivatamente nei loro giudizi. Ma prima ancora vi sono i cittadini e il mercato che possono valutare direttamente, senza l’intermediazione di altri soggetti. Diversi osservatori rilevano come oggi le agenzie in questione non hanno il ruolo assorbente del passato nell’influenzare risparmiatori, investitori, istituzioni, opinione pubblica. 

Certo, sarebbe naturalmente sbagliato non prendere atto favorevolmente delle conferme decise da “S&P”. Ma bisognerebbe ora, per quanto possibile, prevenire una nuova lunga “suspense” per i previsti prossimi pronunciamenti, nell’ordine, di altre tre agenzie - Dbrs, Fitch e Moody’s - le quali, scaglionate, emetteranno le loro valutazioni che si concluderanno, appunto, con quella di Moody’s il 17 novembre, sin d’ora la più temuta senza però un adeguato fondamento. Molto meglio, allora, concentrarsi su alcuni problemi segnalati da “S&P” a proposito della ridotta crescita del Pil - 0,9% quest’anno e 0,7% nel 2024 - e sul ruolo che potrà avere una puntuale attuazione degli impegni del Pnrr che si conferma cruciale per il Paese. Vi è poi il macigno del debito per il quale andrebbe redatto un progetto di ampio respiro per il taglio. 

Per giovedì 26 ottobre l’attesa sarebbe ben motivata, perché si riunisce il Consiglio direttivo della Bce - l’ultimo al quale parteciperà il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco il quale passerà il testimone a Fabio Panetta che si insedierà al vertice di Palazzo Koch il 1° novembre - il quale dovrà decidere sui tassi di interesse di riferimento. Sarebbe fondamentale una pausa, considerati la situazione geopolitica internazionale con le due guerre in atto, i persistenti problemi energetici, l’attesa di modifiche, come quella del Piano di stabilità, i segnali di un sia pur lieve calo dell’inflazione, i problemi della crescita abbastanza generalizzati nell’area e la possibile ripresa dei prestiti deteriorati delle banche. 

Anche negli Usa si manifestano segnali di cautela, in particolare da Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, e si formulano previsioni di una possibile nuova pausa in materia di tassi. La Bce, a questo punto, ha molte meno frecce nell’arco del rigorismo esasperato ammesso che siano valide quelle possedute. Da essa è lecito aspettarsi una dimostrazione di compenetrazione negli interessi generali dell’area. 
Poi, a novembre, verrà il giudizio della Commissione Ue sul progetto di bilancio del nostro Governo. Sono passaggi importanti. Su di essi sarebbe bene concentrarsi, usando una nota espressione, “sine metu, sine spe”, senza paura e senza speranza di favoritismi, ma fondandosi sulle proprie ragioni e sulle proprie forze.

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