In Veneto 66.300 dimissioni in quattro mesi: «Carriera? No grazie, per i giovani conta più stare bene»

Non è solo questione di stipendio: per due su tre il lavoro deve anche divertire

Giovedì 18 Agosto 2022 di Angela Pederiva
In Veneto 66.300 dimissioni in quattro mesi: «Carriera? No grazie, per i giovani conta più stare bene»
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VENEZIA -  Per attrarre (e trattenere) i giovani, gli imprenditori devono imparare ad essere «più guida e meno capo». È la conclusione a cui arriva l'indagine su 614 apprendisti promossa da Confartigianato Veneto, interessata a capire le dinamiche che caratterizzano il mercato dell'occupazione, tra il fenomeno delle grandi dimissioni (66.300 nei primi 4 mesi del 2022 secondo Veneto Lavoro), la difficoltà di trovare personale adeguatamente formato e la tendenza all'inverno demografico (stando all'Istat il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3 nel 2050 e in trent'anni la popolazione in età lavorativa scenderà dal 63,8% al 53,3%).

Dall'analisi risulta che, per due ragazzi su tre, è «molto importante» avere un impiego «che diverte, che fa stare bene», mentre solo per uno su tre quello che conta di più è fare carriera così da «riuscire meglio degli altri».


LE PRIORITÀ
Quattro i filoni valutati dall'associazione di categoria, in collaborazione con l'Istituto veneto per il lavoro, su un campione di apprendisti, quindi al di sotto dei 30 anni. Analizzandone il profilo, emergono tre priorità: avere un lavoro che diverte che fa stare bene (per il 62,1% è molto importante), lavorare in un'organizzazione in cui i diritti dei lavoratori sono tutelati (60,7%) e scegliere un lavoro che consenta di divertirsi e godersi la vita (59,6%). Interessa molto meno poter centrare obiettivi sfidanti (21,7%) e saper fronteggiare cambiamenti repentini (20%). Per quanto riguarda le motivazioni del lavoro, spiccano il bisogno di sentirsi stimati e ricompensati per le mansioni svolte (45%), l'apprezzamento del proprio valore (31,8%) e il riconoscimento da parte degli altri (30,3%). I ritorni del lavoro maggiormente considerati sono avere un posto che consenta di raggiungere i propri obiettivi e che assicuri una fonte di denaro (entrambi al 64%). Infine ci sono le aspettative del lavoro: mettersi in proprio è un'ambizione relativamente poco sentita rispetto alle altre e dimostra una forte relazione con l'età, basti pensare che fino ai 19 anni è avvertita dal 46,6%, mentre dopo i 25 cala al 28,4%. «Sembra quindi osservano gli analisti che la possibilità di aprire una posizione indipendente vada scemando con l'aumentare dell'età e probabilmente, quindi, con una maggiore consapevolezza del mondo lavorativo».


L'APPROCCIO
Tutti questi dati portano Confartigianato Veneto a ritenere necessario per le aziende un nuovo modo di rapportarsi con i giovani. «In estrema sintesi commenta il presidente Roberto Boschetto questa indagine conferma un approccio al lavoro che va delineandosi nelle nuove generazioni, funzionale allo star bene e non solo alla carriera. A volte si dà per scontato che lo stipendio sia l'unica leva su cui puntare. Resta importante sì, ma chi offre un lavoro deve tenere conto anche della nuova esigenza di trovare un senso, una rappresentazione di sé. Stare bene al lavoro si declina in una adeguata gestione del tempo, della vita sociale, congruenza con le aspettative personali, apprezzamento e trasmissione dei saperi». Un capitolo a parte è poi costituito dalla disponibilità a mettersi in proprio, cruciale in uno scenario demografico di invecchiamento della società di cui soffre anche la piccola impresa. «Anche in questo caso sottolinea Boschetto i risultati del questionario sono interessantissimi. I giovanissimi, 19enni, hanno quasi il doppio di propensione a mettersi in proprio rispetto a chi ha più di 25 anni: il passare del tempo e l'esperienza sul campo sembrano scoraggiare i ragazzi».

 

Ultimo aggiornamento: 19 Agosto, 11:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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