Superbonus 110, spunta la sanatoria: stop alle sanzioni per chi non termina i lavori

Senza un salto di 2 classi dell’efficienza l’aiuto va restituito

Sabato 23 Dicembre 2023 di Andrea Bassi
Superbonus 110, spunta la sanatoria: stop alle sanzioni per chi non termina i lavori

Oltre il danno c’è il rischio della beffa. Non solo un numero elevato di famiglie rischia di non riuscire a concludere i lavori finanziati con Superbonus, ma per molte di loro il Fisco potrebbe bussare alla porta e chiedere la restituzione del 110 per cento anche sui lavori già fatti. Per questo nel decreto sul Superbonus che il governo dovrebbe licenziare in consiglio dei ministri il 28 dicembre, è spuntata una norma per disinnescare i futuri accertamenti. Una sorta di “sanatoria” del 110%. Per capire di cosa si tratta bisogna addentrarsi nelle complesse regole che governano l’incentivo edilizio introdotto nel 2020, e che prevedono che per ottenere il bonus sia necessario migliorare la prestazione energetica degli edifici o delle villette, di almeno due classi energetiche. Se per esempio, l’immobile è nella categoria “G” deve salire almeno alla “E”. Ma cosa succede a chi non rispetta questa condizione? Deve restituire allo Stato la detrazione ottenuta, anche se è stata scontata in fattura. «Si tratta di uno degli aspetti critici da affrontare, va trovata una soluzione per evitare brutte sorprese a molte persone che si trovano in questa spiacevole situazione non sempre per loro responsabilità, ma anche per i continui cambi di regole e l’impennata dei prezzi delle materie prime», spiega Guido Quirino Liris, il relatore della manovra di Bilancio che aveva scritto l’emendamento per introdurre un Sal (Stato di avanzamento lavori) straordinario per chiudere “ordinatamente” tutte le lavorazioni del 2023. 
La soluzione, in realtà, è già sul tavolo, ed è stata discussa nei giorni scorsi nelle riunioni tecniche al ministero dell’Economia che sta lavorando al provvedimento e se ne sarebbe discusso anche a margine del preconsiglio in cui si è parlato di milleproroghe.

Ma la misura continua a scontare le forti perplessità del ministro Giancarlo Giorgetti, che da sempre ha assunto una posizione di netta chiusura a qualsiasi norma sul Superbonus che possa aumentare anche di un solo euro ancora la spesa a carico dei conti pubblici. 

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LA PRUDENZA

«Sul Superbonus», ha detto ieri il ministro, parlando a margine del voto di fiducia sulla manovra, «non è che viviamo su Marte, stiamo aspettando le ultime proiezioni per quanto riguarda il costo. Abbiamo un problema di tenuta dei conti pubblici da cui poi facciamo discendere le decisioni». «Ogni mese di Superbonus - ha aggiunto - ci costa 4,5 miliardi, che è esattamente quanto abbiamo stanziato in aumento per la sanità per tutto l’anno per il 2024. Ogni mese di proroga si mangia esattamente lo stanziamento per la sanità. Se non si capisce questo, non si fa un ragionamento onesto». Una prudenza, quella di Giorgetti, dettata probabilmente anche dalla necessità di contenere le spinte alla richiesta di una proroga dei lavori per il 2024 che ancora arrivano da alcune componenti della maggioranza di governo come Forza Italia.
Ieri il capogruppo al Senato degli azzurri, Maurizio Gasparri, si è rivolto direttamente al ministro dell’Economia. Sul Superbonus, ha detto, «chiediamo con FI, lo chiediamo a Giorgetti, una transizione per chi sta a metà del guardo ma non c’è dubbio che quella pagina va chiusa, la transizione siamo certi si gestirà». Ma più che una proroga, è probabile che nel decreto del 28 dicembre sia dia seguito al Sal straordinario, che permetterebbe di fatturare al 110 per cento tutti i lavori effettuati nel 2023, a prescindere dalla percentuale di realizzazione dell’intervento complessivo realizzata. Una misura che darebbe un po’ di respiro a 200 mila famiglie che vivono nei circa 30 mila condomini che, per dirla con Gasparri, sono rimasti a metà del guado.

IL PASSAGGIO

Nel 2024 poi, i lavori residui potranno proseguire con il bonus del 70%. Anche qui sul tavolo c’è una norma “anti-contenzioso”, con la quale si permetterebbe alle imprese di incassare il 70% del bonus anche se i condomini non versano “cash” il restante 30% di loro spettanza. Ma su questa norma peserebbero i dubbi della Ragioneria mentre, potrebbe arrivare una stretta anti elusiva sul bonus barriere architettoniche, un incentivo che fino al 2025 ancora gode dello sconto in fattura. Qui si starebbe registrando un boom di spesa simile a quello che in passato si era avuto con il bonus facciate del 90%. E non sempre si tratterebbe di interventi per favorire l’accesso agli edifici dei disabili. Un principio di incendio che va fermato sul nascere.

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