Pensioni, stretta sui maxi assegni e rivalutazioni più basse: parte la caccia alle risorse

L’ipotesi di un nuovo contributo di solidarietà. Riforma fiscale, vertice su Irpef e Ires con il viceministro Leo

Domenica 10 Settembre 2023 di Andrea Bassi
Pensioni, stretta sui maxi assegni e rivalutazione più basse: parte la caccia alle risorse

Il termine usato dai tecnici del governo che stanno lavorando al dossier è «raffreddamento». L’inflazione continua a correre, e con lei tutto ciò che si adegua in automatico all’aumento dei prezzi. A cominciare proprio dalle pensioni. Già lo scorso anno Palazzo Chigi e Tesoro hanno “raffreddato” gli aumenti delle pensioni all’inflazione, garantendo il riconoscimento del 100 per cento dell’adeguamento al caro vita soltanto agli assegni inferiori a 4 volte il minimo.

Parliamo di 2.100 euro lordi, che netti fanno poco più di 1.600 euro al mese.

Gli assegni “raffreddati”

Tutti gli altri assegni sono stati “raffreddati”. Quelli tra 4 e 5 volte il minimo, ossia fino a 2.620 euro lordi mensili (1.980 netti) sono stati adeguati all’85 per cento del caro-vita. Quelli tra 5 e 6 volte il minimo (3.150 euro lordi, 2.300 netti), si sono dovuti accontentare di una rivalutazione del 53 per cento. Tra sei e otto volte il minimo, ossia fino a 4.200 euro lordi mensili, che netti sono 2.940 euro, la rivalutazione è stata del 47 per cento, mentre tra otto e dieci volte il minimo, ossia fino a 5.250 euro lordi, che al netto delle tasse fanno 3.583 euro di pensione mensile, l’adeguamento si è fermato al 37 per cento. Fino ad arrivare alle pensioni oltre 10 volte le minime, che sono state “raffreddate” permettendo una rivalutazione solo del 32 per cento. Questo schema vale anche per il prossimo anno. Ma potrebbe non bastare. Entro il 20 novembre di quest’anno dovrà essere indicata la nuova percentuale di perequazione delle pensioni. Le prime stime sarebbero attorno al 5,5-6 per cento. L’adeguamento degli assegni peserebbe sulle casse dello Stato per almeno una decina di miliardi. 

La strettoia

Troppo in prossimità di una manovra che si preannuncia in salita e con la necessità di dover confermare il taglio del cuneo contributivo per il prossimo anno (o renderlo strutturale come vorrebbe il governo) e con l’idea comunque di rafforzare gli assegni minimi. Dunque le pensioni vanno “raffreddate” ulteriormente. In che modo? Innanzitutto rafforzando lo schema in vigore. Numeri definitivi non ce ne sono. Le riunioni tecniche sono in corso, e comunque si attendono i dati definitivi della Nadef sui conti pubblici. Ma tra le simulazioni che si fanno, c’è anche un limite più basso alle pensioni rivalutate totalmente. 

Lo schema del 2019

Magari tornando allo schema del 2019, che prevedeva un “raffreddamento” con un adeguamento al 97 per cento per quelle di 4 volte il minimo oggi adeguate al 100%. Se lo schema fosse questo, anche le pensioni tra 4 e 5 volte il minimo sarebbero rivalutate meno, al 77 per cento contro l’attuale 85 per cento. Mentre dovrebbero essere ritoccate ulteriormente ribasso gli scaglioni più alti. Accanto a questo, però, ci sarebbe una nuova stretta sui maxi assegni, quelli sopra i 100 mila euro.

Rivalutazione azzerata

La rivalutazione potrebbe essere completamente azzerata, o potrebbe persino tornare in vigore il contributo di solidarietà dal 15 al 40 per cento sugli assegni più alti. La misura in realtà fu bocciata dalla Corte Costituzionale che disse che giudicò lesivo della Carta applicare il prelievo per un tempo di cinque anni. Ma questo non toglie che la misura possa essere introdotta “una tantum” soltanto per il prossimo anno. Servirebbe comunque per addolcire la pillola del “raffreddamento” degli assegni “medi” che probabilmente sarà necessario quest’anno per tenere sotto controllo i conti pubblici. Intanto oggi ci sarà anche una riunione congiunta, alla quale parteciperà anche il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo, delle commissioni Irpef e Ires in vista della conclusione dei lavori tecnici pe la scrittura dei decreti attuativi della riforma fiscale. Il governo non ha ancora rinunciato all’idea di portare a casa un primo taglio dell’Irpef accorpando l’aliquota del 25% a quella del 23%. 

Ultimo aggiornamento: 12 Settembre, 07:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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