Sicurezza nel Mar Rosso, la sfida nei fondali per la difesa della Rete Internet

Gli attacchi degli Houthi dello Yemen hanno reso evidente il bisogno di protezione dei cavi sottomarini lungo i quali passano i dati di tutto il mondo

Mercoledì 6 Marzo 2024 di Gianni Bessi
Sicurezza nel Mar Rosso, la sfida nei fondali per la difesa della Rete Internet

Gli attacchi degli Houthi dello Yemen che sabotano i cavi sottomarini che corrono nei fondali del Mar Rosso, lungo i quali passano i dati internet di tutto il mondo, è il segnale che la guerra, anzi le guerre che si stanno combattendo a ridosso dell’Europa stanno avendo conseguenze non solo sull’economia ma anche sulla sicurezza nazionale. 


Secondo la società di telecomunicazioni di Hong Kong HGC Global Communications, il 25% del traffico tra Asia ed Europa, nonché Medio Oriente, è stato colpito come riporta la Cnn mentre in Egitto è andata fuori uso, secondo Ahram online, la rete 4G Vodafone. Interruzioni temporanee secondo le aziende che subito hanno reindirizzato il traffico e risolto da situazione. Ma il segnale c’è stato e anche forte. Cosa ne sarebbe della nostra quotidianità, adesso, se si interrompesse il flusso di dati internet? Non ci vuole molta immaginazione per capirlo. Nel mondo sono operativi più di 500 cavi sottomarini che permettono lo scambio del 99% dei dati a livello mondiale. È il motivo per cui riceviamo un’email che ci è appena stata inviata dall’altra parte del mondo.
Le minacce degli yemeniti colpiscono quindi sopra e sotto i mari: reti tecnologiche e reti energetiche, tutto può diventare un bersaglio. Come prima mossa i ribelli hanno colpito le rotte delle gigantesche portacontainer, portando a uno stop, tra i tanti effetti, sulle consegne di Gnl da parte del Qatar. Sui collegamenti internazionali lo Yemen è in una posizione strategica, poiché attraverso il nodo di Gibuti nel quadrante del corno d’Africa, passa la dorsale mediorientale che arriva nel cuore del Mediterraneo, con le sue le linee che collegano i vari continenti. Una partita che vede l’Italia in prima fila, con Sparkle spa, controllata Telecom, che gestisce una rete proprietaria in fibra che si estende per oltre 600.000 km attraverso Europa, Africa, America e Asia e che vede la Sicilia come terminale. Nello specifico Mazara del Vallo, il più importante porto di pesca italiano, diventerà uno dei principali hub per la trasmissione dei dati con cavi sottomarini grazie a Medusa, un’infrastruttura che collegherà Marocco, Portogallo, Spagna, Francia, Algeria, Tunisia, Italia, Grecia, Cipro ed Egitto. Inoltre, Mazara è anche il gate da cui passa il gas algerino diretto in Italia grazie al Transmed realizzato dalla Snam: ogni giorno “tratta” circa 60 milioni di metri cubi di gas. 
È facile intuire che impatto sulla geopolitica abbia la partita delle reti sottomarine. Ed è su questo va incidere l’intesa tra Marina Militare e Sparkle per proteggere i cavi di telecomunicazione. Insomma, la sfida sotto gli oceani, dove corrono quasi un milione e mezzo di chilometri di cavi in fibra, tocca un nervo sensibile per il mondo occidentale, che senza infrastrutture tecnologiche ed energetiche non sarebbe più in grado di portare a termine scambi commerciali o semplici operazioni quotidiane. La difesa di queste infrastrutture ha perciò come primo scopo di permetterci, appunto, di continuare nel nostro stile socioeconomico, come anche di preservare le attività di intelligence e, di conseguenza, anche la sicurezza nazionale. La primavera scorsa a Zurigo si sono incontrate le realtà mondiali che si occupano di cybersicurezza, tra cui anche la Nsa statunitense: e gli argomenti sono stati proprio la sicurezza e la criticità delle reti e delle infrastrutture. Un esempio per tutti dei pericoli che incombono viene dalla guerra russo-ucraina e dall’attentato al gasdotto North Stream. È notizia di questi giorni che la Svezia ha abbandonato le indagini per individuare l’autore del sabotaggio: la magistrata Mats Ljungqvist ha dichiarato che nessuna azione è partita dal territorio della Svezia e che nessuno dei suoi cittadini è stato coinvolto. Le indagini continuano invece in Danimarca e Germania, con molte ipotesi sul tavolo ma poche certezze.
Pericoli che potrebbero toccare l’ancora più marcata centralità del Mediterraneo visto il ruolo di Suez e dell’Africa come “sostituta” della Russia nelle forniture energetiche all’Europa.
Siamo quindi sull’orlo di una permacrisi? In realtà la crisi è già iniziata da tempo e la minaccia degli Houthi ci ha solo rinfrescato la memoria. In ballo, nel caso specifico, c’è il gap tra chi possiede e gestisce l’infrastruttura alla base di Internet e chi vuole entrare in questo business. Per anni questi cavi intercontinentali sono stati finanziati da operatori di telecomunicazioni in gran parte statali, ma nell’ultimo decennio giganti della tecnologia come Google, Meta e Microsoft hanno preso il loro posto. E oggi c’è l’interesse di Cina, Pakistan, Arabia Saudita, Iran e Russia. Il perché è di facile risposta: controllare internet è potere, basta osservare qual è ruolo degli hacker nelle guerre e nelle elezioni. Un’altra “guerra fredda”, come se non ce ne fossero già abbastanza.
 

Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 07:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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