La sanzione disciplinare per aver temporaneamente messo da parte la divisa per fare sesso sul posto di lavoro l'hanno già scontata per intero.
Una volta che i dipendenti comunali sono finiti a processo con le accuse di truffa e falso ideologico, la loro difesa ha avuto gioco facile nel chiedere al giudice monocratico Flavio Conciatori di considerare l'ammissibilità della prova regina su cui si è basato l'intero castello accusatorio: le registrazioni della telecamera nascosta installata dagli investigatori sopra il water del bagno dove si sarebbe consumato il rapporto sessuale tra i due pubblici ufficiali. Una volta inserita la presunta prova regina nel fascicolo del pubblico ministero, in fase di eccezioni preliminari si è scoperto infatti che quelle immagini sono da considerarsi inammissibili, in quanto raccolte «con un'iniziativa arbitraria e invasiva» da parte della polizia giudiziaria, «all'interno di luoghi pubblici in cui ci si può ritirare facendo affidamento alla riservatezza della sfera intima». Che nel caso dei due vigili sarebbe stata anche lesa.
Secondo il giudice Conciatori, che ha applicato la cosiddetta Sentenza Prisco, in «un luogo nel quale si svolgono attività destinate a rimanere riservate», «le indagini con modalità intrusive richiedono un congruo provvedimento giustificativo». La microspia poteva essere installata solo su autorizzazione del gip su richiesta del magistrato inquirente, con un motivato ragionamento sull'effettiva necessità per dimostrare un certo tipo di reato. Non - come avvenuto - dalla polizia giudiziaria per incastrare i presunti colpevoli.