Dai fratelli Lumière ad Ang Lee: la strada tecnologica della macchina cinema ha fatto passi da gigante, quasi inimmaginabili. Ma, dopo lo stupore del pubblico incolto per...
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Oltre al tema del doppio (e la solitudine del killer), qui si potevano insinuare anche altre cosucce come la liceità di un assassinio di Stato (a decidere l'eliminazione di Brogan sono funzionari statali) o la questione morale dell'eugenetica di esseri umani, ma sarebbe diventato un altro film, o forse proprio un film. Si rimane invece a galleggiare sugli stereotipi, con sviluppi psicologici dei personaggi di pura incoerenza (il clone, ad esempio), con semplicismi narrativi e un finale davvero goffo. L'intera storia e le singole azioni sembra siano al servizio dell'esperimento tecnologico. Indubbiamente è un'impresa ai limiti, una specie di portfolio di quanto si possa oggi creare al cinema. Ma alla nitidezza delle immagini non si accompagna quella della narrazione e lo stupore iniziale per la magia tecnica (in particolare del realismo del clone) un po' alla volta svanisce. In fondo, è sempre stato così: al cinema quel che conta veramente è quel che racconta.
Giuseppe Ghigi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino