Un accordo con i cinesi per 150 milioni di nero

Un accordo con i cinesi per 150 milioni di nero
L'INCHIESTAPORDENONE In otto anni hanno movimentato 308 milioni di euro con una girandola di fatture false e documenti altrettanto fasulli, necessari per poter rivendere 150mila...

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L'INCHIESTA
PORDENONE In otto anni hanno movimentato 308 milioni di euro con una girandola di fatture false e documenti altrettanto fasulli, necessari per poter rivendere 150mila tonnellate di rifiuti ferrosi acquistate in nero, che per trasportarle ci sono voluti settemila camion. Un patto con i cinesi ha poi consentito a un gruppo di imprenditori friulani e veneti di trasferire 150 milioni di euro in Cina fingendo di acquistare ferro e acciaio. In realtà, quando il bonifico del falso acquisto arrivava a destinazione, i soldi venivano recuperati a Padova, in un negozio del Centro ingrosso di corso Stati Uniti. Così i cinesi riuscivano a far arrivare in Cina, con tanto di fattura, soldi provenienti dalle loro attività illecite, gli italiani incassavano in contante ciò che non avrebbero mai potuto prelevare in banca e restituivano i soldi a chi utilizzava le fatture false.

I PROTAGONISTI
Tutto è cominciato a Concordia Sagittaria nel 2013, attraverso la Metal Nordest Srl, a cui si sono aggiunte la Femet Srl di San Quirino e la Ecomet Srl di Santa Lucia di Piave. Attorno a queste tre realtà ruotavano i grandi commercianti di rottami ferrosi delle province di Treviso e Padova. Il meccanismo si è inceppato dopo che il Nucleo di polizia economico finanziaria del colonnello Stefano Izzo ha cominciato a seguire giorno e notte i protagonisti del sistema: Stefano Cossarini, 46 anni, sanvitese che ora abita Jesolo; Roger Donati (48), anche lui di San Vito ma residente a Lugano e domiciliato a Portogruaro, come pure il compaesano Fabrizio Palombi (42); Guido Masciello (46) di San Michele al Tagliamento e Cristiano Altan (48), un altro sanvitese.
L'ASSOCIAZIONE
La Direzione distrettuale antimafia di Trieste li ritiene a capo di un'associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti e alla frode fiscale. Un'associazione collaudata e seriale, come l'ha definita il gip Massimo Tomassini, che tra il 2013 e il 2021 ha permesso ai fornitori di rottami di sottrarre al Fisco 140 milioni vendendo in nero e agli acquirenti di dedurre costi per 150 milioni grazie a documenti falsi predisposti da Cossarini e soci. Per tutti e cinque il pm Federico Frezza ha ottenuto la misura cautelare degli arresti domiciliari, che per Donati e Palombi era stata aggravata con il carcere perchè iscritti all'Aire (ora sono ai domiciliari). Altan, dopo aver reso interrogatorio, ha ottenuto l'obbligo di firma. Frezza aveva chiesto - tra carcere e domiciliari - 21 custodie. Ma il gip ha ritenuto che, una volta decapitata l'«associazione madre», gli altri indagati non fossero in grado di continuare il giochetto, quindi di evadere e commerciare illecitamente i rottami.
LE SOCIETÀ
Di mezzo, oltre alle Chinatown di Padova e Milano, ci sono società ceche e una slovena create per fatturare, inviare i soldi all'estero e prelevare in contanti senza tracciabilità. Secondo la Finanza, Metal Nordest, Femet ed Ecomet facevano finti acquisti di materiale ferroso con tre società estere - Kovi Trade e Steel Distribution in Repubblica Ceca, Biotekna a Nova Gorica - di cui Cossarini era amministratore. In questo modo ottenevano documenti fiscali e certificazioni ambientali per conferire nelle acciaierie i rottami acquistati in nero dagli imprenditori veneti. Il compenso per gli ideatori del sistema? Secondo gli inquirenti Cossarini, Donati e Palombi avrebbero «guadagnano 25mila euro al mese con fatture per consulenze». I soldi li prelevavano in contanti in Svizzera.
I CINESI

Il meccanismo a un certo punto si è inceppato, perchè poteva destare sospetti. Come far rientrare i soldi dall'Est? Ecco entrare in scena i cinesi. Loro sì che hanno milionate di euro che non sanno come far arrivare in Cina. Le tre società di Concordia, San Quirino e Santa Lucia di Piave fanno finta di acquistare acciaio in Cina, dove mandano i soldi indicati in fattura. Quando il trasferimento di denaro si perfeziona, a restituire la somma saranno i cinesi, dove Cossarini viene filmato mentre entra con buste vuote ed esce nascondendole sotto la giacca. Il patto italocinese permette di aggirare l'antiriciclaggio. Ma è stato siglato troppo tardi, perchè due anni e mezzo fa le autorità ceche avevano già allertato la Finanza, insospettite dall'enorme giro di denaro proveniente dall'Italia.
Cristina Antonutti
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Il Gazzettino