La lezione di Vaia: provincia colabrodo

La lezione di Vaia: provincia colabrodo
IL BILANCIOPORDENONE Non è tanto la questione di non aver imparato la lezione, quanto quella di non avere i mezzi per farlo. A un anno da Vaia, la provincia di Pordenone - intesa...

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IL BILANCIO
PORDENONE Non è tanto la questione di non aver imparato la lezione, quanto quella di non avere i mezzi per farlo. A un anno da Vaia, la provincia di Pordenone - intesa come territorio e non come (ex) ente amministrativo - avrebbe bisogno di un regalo da un miliardo di euro per dirsi sicura a fronte di una Vaia-due, che ovviamente nessuno si augura. Ma se è capitato, può ricapitare. E siccome ci sono in gioco vite, case e patrimoni, meglio non girare la testa dall'altra parte e domandarsi: la provincia è preparata a un altro evento meteo estremo? La risposta è no, perché per dichiararlo ci vorrebbero troppi soldi. Un miliardo, qualcosa più, qualcosa meno. È questo il bilancio a un anno da Vaia, la tempesta che ha piegato la montagna e distrutto i boschi. E nonostante il grande lavoro della Regione, resta ancora un grande neo: la prevenzione non è ancora partita, e il territorio è a rischio.

IL PUNTO
Il solo Comune di Claut ha avuto 7 milioni di euro di danni. E a sentire gli amministratori, aveva fatto prevenzione. Ma di fronte alla violenza degli eventi l'investimento fatto in passato è paragonabile a una briciola. E oggi suona sinistro l'appello di alcuni sindaci della montagna pordenonese. Dice «siamo in pericolo». Un esempio: il ponte di Cimolais sulla strada 251. La briglia del torrente non è sicura. Il viadotto, in caso di seria calamità, non sarebbe al riparo dai danni e da eventualità anche peggiori. Lo conferma il sindaco del paese, Davide Protti. «Non dormirei la notte se dovesse accadere di nuovo qualcosa di simile a Vaia - spiega -, perché in quel punto c'è pericolo».
A un anno dal disastro, bisogna fare una distinzione tra le opere di ripristino (che stanno marciando) e quelle di prevenzione. Vaia ha dato a tutti una lezione: si vive a cavallo di un colabrodo, di un territorio non sicuro, con vite e averi minacciati ad ogni autunno. E ora ci risiamo, è tornata la stagione delle piogge. «Per mettere completamente in sicurezza il territorio - ha detto perentoriamente il vicepresidente della Regione, Riccardo Riccardi - servirebbe un miliardo di euro». Per la provincia, mentre per il Friuli Venezia Giulia molto denaro in più. «Devono pulire il territorio a monte, altrimenti siamo daccapo - tuona il sindaco di Claut, Franco Bosio -: sono vent'anni che lo chiediamo. La ghiaia rappresenta il primo problema, ma non è il solo». E la diagnosi è drammatica: oggi la provincia subirebbe gli stessi danni di un anno fa se un ciclone simile si abbattesse di nuovo.
L'INEVITABILE

A un anno da Vaia, c'è il marciume. È quello rappresentato dalle decine di migliaia di metri cubi di legname. Ci sono zone (tra Claut, Erto e Casso e Cimolais) dove intervenire non è solo difficile, ma soprattutto economicamente non vantaggioso. Risultato, i boschi abbattuti stanno marcendo e i pendii diventano ancora più deboli. La montagna, in poche parole, è un grande nervo scoperto. Ma la pianura come sta? Ecco, se per mettere in sicurezza le aree in altura ci vorrebbe un miliardo, per fare lo stesso nella bassa ci sarebbe bisogno del doppio. Le aree a rischio allagamenti sono le stesse di un anno fa, quando si scriveva l'ennesimo articolo che qualcuno giudicava allarmistico.
Marco Agrusti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino