Tre, forse quattro fendenti: due alla schiena e due all'addome. Con un coltello preso in cucina. I sanitari del Suem, arrivati con i carabinieri, hanno cercato di rianimarla per...
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A dare l'allarme è stato l'uomo con una telefonata al 112. All'operatore che gli ha risposto ha detto: «Ho ucciso mia moglie, l'ho accoltellata, forse respira ancora. Mandate un'ambulanza». Ma quando ha fornito le sue generalità si è qualificato come l'ex coniuge. È questa apparente confusione di status a rivelare il possibile movente del delitto. I due infatti erano separati consensualmente da oltre un anno, ma per Antonio non era finita. Tanto che i suoi datori di lavoro erano convinti che fosse qui con la famiglia, al punto che più di una volta avevano ospitato a mangiare Mariarca con i figli.
Questi ultimi vivevano con la mamma. Mariarca era salita in Veneto dopo aver trovato impiego appunto all'outlet: a Noventa aveva abitato per 11 mesi, e dal 1 maggio si era trasferita a Musile, distante una decina di chilometri, in un mini al secondo piano di una palazzina da dove si vede il campanile della chiesa parrocchiale.
Ma cosa ci faceva Antonio a casa sua? Da quanto si è potuto appurare lo ospitava da un paio di settimane e forse era stata lei a trovargli il lavoro nella pizzeria, dove ieri lo attendevano per l'inizio del turno a mezzogiorno.
Anche Mariarca doveva lavorare ieri. E pare che la lite, poi sfociata in tragedia, sia scaturita poco dopo il risveglio. L'ha colpita in camera sul letto dove è stato ritrovata seminuda e agonizzante. I tagli alle braccia confermano il fatto che Mariarca ha tentato di difendersi, rendendosi conto che il padre dei suoi figli, sposato 15 anni fa, la stava uccidendo.
Non è chiara la causa scatenante. Potrebbe essere stato il rifiuto di Mariarca, la sera precedente, di andare a prendere verso mezzanotte Antonio a Jesolo: senza macchina lui si muoveva con i mezzi pubblici.
Già, l'auto. Poco tempo fa lui le aveva regalato una utilitaria Citroen, di colore blu, magari pensando di far tornare tutto come prima, riallacciando quel rapporto sentimentale che per lui non era mai stato reciso. Ma Mariarca si era conquistata la sua indipendenza, con fatica e con entusiasmo, trovando una nuova dimensione e la stima di tutti i colleghi, giungendo a ricoprire un ruolo di responsabilità nella conduzione del negozio. Di lei tutti ricordano il sorriso contagioso, la voglia di vivere, la professionalità. Ascione pare abbia atteso i militari in strada. Quindi il trasferimento nella caserma dell'Arma di San Donà dove, alla presenza del magistrato di turno, Raffaele Incardona, e dell'avvocato d'ufficio Maria Isabella Fiorio di Venezia è stato ascoltato fino alle 15.30 per poi essere portato nel carcere lagunare di Santa Maria Maggiore. L'accusa formulata a suo carico è di omicidio volontario.
Ai carabinieri, guidati dal tenente colonnello Carmelo Graci del Nucleo investigativo di Mestre, Ascione è apparso lucido, senza alcun segno di cedimento. E fino a metà pomeriggio si sono intrattenuti nell'abitazione di via Dante al civico 11 di Musile anche gli esperti della Scientifica che hanno eseguito i rilievi: sotto sequestro il coltello usato per assassinare la donna, alcuni indumenti e altri oggetti. In garage le valigie con gli effetti personali di Ascione: lui in quella casa era solo un ospite passeggero.
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Il Gazzettino