L'Europa apre all'Italia Verso il sì alla manovra

L'Europa apre all'Italia Verso il sì alla manovra
Una promozione, magari condizionata, ma comunque sufficiente ad evitare almeno per il momento la richiesta di interventi aggiuntivi. All'ennesimo esame europeo, in programma...

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Una promozione, magari condizionata, ma comunque sufficiente ad evitare almeno per il momento la richiesta di interventi aggiuntivi. All'ennesimo esame europeo, in programma lunedì, si profila un giudizio favorevole per il nostro Paese. La commissione europea dovrà presentare il rapporto sulla crescita, ma anche dare le proprie valutazioni sulle manovre di bilancio dei 18 Stati che fanno parte dell'area euro. Le posizioni più delicate sono naturalmente quelle di Italia e Francia, che pur se in misura diversa hanno annunciato di voler ritardare il previsto percorso di risanamento dei conti. Il governo italiano poi ha già accettato dei ritocchi rispetto all'impianto originario della propria manovra, ritocchi che comportano per il 2015 un rapporto deficit/Pil comunque abbondantemente al di sotto della soglia del 3 per cento e una correzione strutturale pari a circa la metà di quella richiesta da Bruxelles.

Restano però altri punti deboli su cui l'analisi della commissione non potrà sorvolare, dal tema del debito pubblico alla fragilità di alcune coperture della manovra. L'orientamento - maturato anche a seguito dei contatti tra il governo italiano e il presidente Juncker, è comunque verso un'apertura di credito. Influisce anche il contesto di queste settimane, con una parte consistente dell'Eurozona che rischia di scivolare verso la deflazione, a cui seguirebbe l'intervento della Banca centrale europea. In questa situazione, un'interpretazione un po' flessibile dei Trattati appare il male minore. Non si tratta però di un via libera incondizionato, visto che il nostro Paese dovrà essere valutato in seguito riguardo agli squilibri macroeconomici. Risulterà comunque decisiva la capacità del governo italiano di portare a termine ed implementare le riforme strutturali.
Intanto a Roma il governo decide come proseguire il percorso delle legge di Stabilità, ed in particolare come smistare tra Camera e Senato il carico degli emendamenti “pesanti”, quelli a firma dello stesso esecutivo o del relatore. Per alcuni dossier è stato inevitabile prendere atto delle complessità tecnico-politiche e dunque rinviarli al momento in cui il testo sarà a Palazzo Madama. È il caso sicuramente della cosiddetta “local tax”, la tassa unica comunale, ma anche delle correzioni al regime dei minimi. Su quest'ultimo punto servirà una decisione politica perché l'allargamento della platea e la riduzione dell'aliquota (si arriverebbe ad un prelievo del 10 per cento per coloro che hanno un reddito fino a 30 mila euro l'anno) comporta per esigenze di copertura finanziaria una marcia indietro sulla decontribuzione di artigiani e commercianti.

Alcune scelte sono poi emerse in commissione Bilancio. Il governo, per bocca del viceministro Morando, si è detto disponibile a rivedere il cosiddetto bonus bebè per farne anche uno strumento di contrasto alla povertà; a questo fine verrà usato l'indicatore Isee per filtrare la platea degli aventi diritto. Non ci saranno invece modifiche all'impianto del credito d'imposta Irpef (gli 80 euro): è stato respinto un emendamento in questo senso firmato da stefano Fassina. Infine è confermata la volontà di riportare in basso (verso il 15/17 per cento) l'aliquota dei rendimenti dei fondi pensione.
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Il Gazzettino