I misteri, in Italia, non si risolvono mai, o quasi; sono, come dice il titolo del film, storie che non hanno mai un nome. L'assunto di partenza è il piano della mafia per...
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Non si tratta però di un'opera d'indagine, di ricostruzione analitica del fatto, bensì di una commedia. Tra uno sceneggiatore in crisi di ispirazione, interpretato da Alessandro Gassmann sempre con un tono in più del necessario, una segretaria ben dotata di buona fantasia letteraria che di nascosto fa la sceneggiatrice (Micaela Ramazzotti), e un poliziotto in pensione che sa tutto e vede tutto (il più misurato Renato Carpentieri), si apre una storia di interferenze tra il cinema, ovvero un film che si deve girare sul furto del quadro, e gli eventi che quello stesso film racconta, e, in fondo, anche vi aleggia la Storia del nostro Paese.
La scelta di fondo del regista di Viva la libertà e Le confessioni, è il tono un po' survoltato della commedia dai risvolti a tratti grotteschi, di maschere dei pupi siciliani, di situazioni paradossali anche se purtroppo molto vicine alla realtà. L'accumulo di materiali e di riferimenti di diversa connotazione, costruisce un racconto di forma barocca, leggermente eccessivo, e il barocco, si sa, è di casa a Palermo, città silente, indifferente allora per un furto che la privava di un capolavoro. Ancor più, il film si carica di giochi di specchi, di citazioni, restando però coerente con la leggera intonazione di fondo che giustifica i deragliamenti e lasciando il campo al comico. Dunque, un quadro, uno sceneggiatore, un film da girare, uno Stato che mercanteggia con la mafia: questa è la commedia del film, ma purtroppo non è solo commedia perché in Italia, custodire e tramandare la bellezza, ed è il messaggio, non sembra essere una priorità.
Giuseppe Ghigi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino