IL CASO VENEZIA Non basta una lettera per uscire da un ente monstrum come il

IL CASO VENEZIA Non basta una lettera per uscire da un ente monstrum come il
IL CASOVENEZIA Non basta una lettera per uscire da un ente monstrum come il Consorzio Venezia Nuova, che non ha precedenti o quasi nell'ordinamento italiano. L'orientamento dei...

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IL CASO
VENEZIA Non basta una lettera per uscire da un ente monstrum come il Consorzio Venezia Nuova, che non ha precedenti o quasi nell'ordinamento italiano. L'orientamento dei commissari del Consorzio è quindi di considerare la comunicazione di recesso presentata dalla società consortile Co.Ve.La Scarl e firmata dal presidente Romeo Chiarotto (che è anche patron della Mantovani) come un esercizio teorico e un tentativo di prova di forza nei confronti dello Stato.

LA POSIZIONE
«Quella lettera è priva di effetti» affermano dal Consorzio Venezia Nuova, per il quale le aziende consorziate non possono disporre liberamente delle quote. E lo fa citando la recentissima sentenza del Tar Veneto che ha visto soccombere la Fincosit in merito al ricorso secondo il quale il Consorzio non avrebbe potuto affidare lavori a società esterne e con gare pubbliche. Ma lo ha fatto anche citando dei precedenti, come i problemi a far subentrare Coge Costruzioni generali alla Mantovani dopo che la prima aveva rilevato il rapo costruzioni della seconda. Oppure, l'avvenuta ammissione di Fincosit dopo il cambiamento di denominazione, con il parere del Provveditore alle opere pubbliche.
Insomma, si starebbe consolidando un orientamento secondo cui i commissari del Consorzio, l'avvocato Giuseppe Fiengo e l'ingegnere Francesco Ossola, se agiscono tutelando gli interessi del Consorzio e dello Stato, possono anche non tutelare gli interessi non coincidenti delle società consorziate.
LO STATO DELL'ARTE
All'interno del Consorzio, insomma, i rapporti sarebbero congelati e le aziende non possono disporre delle proprie quote semplicemente dicendo me ne vado, datemi i soldi che mi spettano e amici come prima. Teoricamente, il Consorzio Venezia Nuova - istituito con legge - non si può sciogliere fino a quando non finisce o si realizza il contratto (e quindi con l'entrata in funzione dell'opera) o non interviene lo Stato. Solo a quel punto si potranno fare i conti tra consorziati. Inoltre, ora che tutte e tre le grandi consorziate (Mantovani, Condotte e Fincosit) sono soggette o hanno richiesto di essere ammesse a una procedura concorsuale, a norma di statuto sono nelle condizioni di essere escluse dal consorzio. Quindi, sotto il piano squisitamente giuridico, non è chiaro cosa le società consorziate possono o non possono fare, poiché tutte e tre non sono più quello che erano ai tempi dell'istituzione del Consorzio. Ed è cambiato anche il Consorzio stesso, retto da un organo di natura pubblicistica quali sono i commissari. Nel frattempo, però, il Consorzio può assegnare i lavori ad altre imprese, come peraltro sta facendo da molti mesi a questa parte, mentre sulle questioni societarie e consortili se la vedranno probabilmente gli avvocati.
IL FUNZIONAMENTO
Come funzionavano le cose, i commissari lo avevano spiegato il 26 luglio alla Camera.
«Cerchiamo ora - aveva detto Fiengo - di far pervenire i soldi alle imprese che hanno effettivamente lavorato». Anche Ossola aveva aggiunto qualche considerazione: «La situazione delle grandi non dipende dal Consorzio. Se hanno dei buchi in bilancio, questo non dipende dal Mose, ma da altre loro iniziative».
Per i commissari del Mose, lo strappo della Co.Ve.La Scarl assieme alle varie azioni legali messe in piedi dalle grandi società non metterebbe a rischio o la prosecuzione dei lavori.

«Le tre imprese - avevano sottolineato alla Camera i commissari - erano meccanismi di mera intermediazione, chi lavorava e lavora effettivamente sono altri. Il criterio è: chi è in grado di fare i lavori li fa».
Michele Fullin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino