Fenicotteri, leoni e il Po: tutto Ligabue

Fenicotteri, leoni e il Po: tutto Ligabue
LA MOSTRASe vita e arte sono spesso inscindibili, questo è tanto più vero per Antonio Ligabue. Abbandonato da due madri, una naturale e una adottiva, disadattato, emarginato,...

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LA MOSTRA
Se vita e arte sono spesso inscindibili, questo è tanto più vero per Antonio Ligabue. Abbandonato da due madri, una naturale e una adottiva, disadattato, emarginato, costretto a lavori pesantissimi per guadagnare quattro soldi, internato nei manicomi, mai entrato a far parte della società, trovò il riscatto della sua storia personale solo nella sconfinata passione per la pittura. E nel tempo il suo essere personalità complessa e controversa ha quasi prevalso sul Ligabue artista. Tanto più, almeno per chi è più avanti negli anni, dopo lo sceneggiato tv a lui dedicato dalla Rai nel 1977, diretto da Salvatore Nocita e interpretato da uno straordinario Flavio Bucci.

Da domani Padova dedica all'italo-svizzero Ligabue - nacque a Zurigo nel 1899 e morì a Gualtieri (Re) nel 1965 - una mostra monografica che vuole riportare in primo piano la sua eccezionale opera, poco inquadrabile in un genere o in una corrente.
«I due elementi, vita e opera, vanno di pari passo - spiega la curatrice Francesca Villanti, storica dell'arte - ma la curiosità e l'attenzione per la sua esistenza rischiano di trascurare l'intrinseca bellezza della sua produzione. Nella mostra, realizzata in esclusiva per Padova, si punta a valorizzare questo secondo aspetto».
LE OPERE
Nelle
sale dei Musei Civici agli Eremitani saranno presentati settanta dipinti, cinque dei quali di due collezioni private padovane mai esposti prima («in città si sono fatti avanti in tanti per proporre i suoi quadri, ma abbiamo dovuto selezionarli»), dieci rare opere su carta e sette sculture, fusioni in bronzo dagli originali di Ligabue, realizzati con l'argilla delle sponde del Po, nella Bassa Reggiana, dove visse dopo l'espulsione dalla Svizzera a seguito di una denuncia della madre adottiva.
Antonio Ligabue. L'uomo, il pittore, promossa dall'assessorato alla cultura del Comune di Padova e prodotta da Cor - Creare Organizzare Realizzare, di cui Villanti è direttrice artistica, «vuole far parlare i dipinti, non il mito o la leggenda». L'auspicio è che il visitatore «riesca a entrare davvero nell'anima di questo grande artista, che non è certo classificabile come naif, piuttosto come espressionista».
LE SEZIONI
La tormentata parabola personale di Ligabue è riassunta nei due quadri che introducono l'esposizione: uno lo ritrae mentre torna, scortato dai carabinieri, a Gualtieri, cittadina natale dell'uomo che non era suo padre e che sposò sua madre dopo la sua nascita; nel secondo, un autoritratto, si presenta ben vestito, sullo sfondo il Po e una fiammeggiante moto rossa. «A Gualtieri era come uno straniero - dice Villanti -, non aveva mai vissuto in Italia, non sapeva la lingua. E quello è l'inizio. La conclusione è rappresentata da quella moto rossa, frutto della sua rivincita e del suo successo artistico».
L'impostazione scientifica della mostra non segue un ordine cronologico, ma tematico e, all'interno dei vari capitoli, uno sviluppo temporale. Si potranno ammirare i celeberrimi autoritratti, i paesaggi agresti, i suoi famosi animali, quelli domestici («i suoi veri, unici amici») e le fiere che diventano una sorta di metafora giustificativa anche dell'aggressività umana. E poi il mondo dello spettacolo con la memoria degli umili lavori o dei ritratti fatti nei circhi per mantenersi. Nonostante avesse iniziato a dipingere già negli anni Venti, nonostante il suo angelo custode Marino Mazzacurati, il vero successo per Ligabue arrivò tardi: la consacrazione è del 1961 con la mostra alla Galleria La Barcaccia di Roma.

«Faceva lo scariolante sul Po, un lavoro massacrante, togliere pietre per creare gli argini, e veniva deriso dagli altri operai in maniera pesantissima per i suoi atteggiamenti e per il suo aspetto fisico. Ma lui diceva io sono un artista e questo lo faceva sentire superiore». Tra i dipinti più curiosi, uno dei soli tre nudi di donna che Ligabue dipinse, una piccola tavoletta di 25 per 15 centimetri. «Il suo rapporto con la figura femminile era inesistente - spiega Vallanti - e difatti questa donna è nuda ma non ha nulla di sensuale. Si racconta però che i suoi compagni di lavoro pagassero un soldo per andarla a vedere...». Molto particolari anche gli inediti padovani: un autoritratto dai toni molto crudi, un gruppo di fenicotteri, una scimmietta, un leone che attacca un cavallo e una lince. «Tutte le opere - conclude Villanti - sono state scelte per raccontare anche l'evoluzione e lo sviluppo tecnico della pittura di Ligabue».
Maria Grazia Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino