Don Camillo ora piace alla Russia

Don Camillo ora piace alla Russia
L'INTERVISTASettant'anni fa faceva la sua comparsa nelle librerie il primo di una serie di libri destinati a fare la storia della letteratura italiana: il 22 marzo 1948 Rizzoli...

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L'INTERVISTA
Settant'anni fa faceva la sua comparsa nelle librerie il primo di una serie di libri destinati a fare la storia della letteratura italiana: il 22 marzo 1948 Rizzoli finiva di stampare la prima edizione di Don Camillo. E quest'anno è trascorso mezzo secolo dalla morte del suo autore, Giovannino Guareschi (Cervia, 22 luglio 1968). Due anniversari che avranno una eco ampia a livello internazionale, essendo lo scrittore della Bassa uno degli autori italiani più tradotti nel mondo. In tutte le lingue, ad eccezione del cinese, e non per caso: poco si addicono le pagine di Guareschi a Stati in cui sopravvive un regime comunista. Era così fino a (relativamente) poco tempo fa anche in Russia: ma imploso il comunismo sovietico, ecco nel nuovo clima di libertà le traduzioni dei libri di Guareschi.

Olga Gurevich, classe 1974, è un'italianista universitaria di Mosca appassionata dell'autore di Don Camillo e non soltanto diciamo della letteratura italiana più in generale - ma con un debole per Guareschi. «Sono nata ancora col regime comunista e sono stata fortunata nel vedere, da adolescente, il sistema crollare, quindi ho potuto compiere gli studi nei primi anni di libertà e di tante speranze». Ha studiato nella appena nata (1992) facoltà di Lettere e di Storia nella nuovissima («la più moderna», osserva) Università degli Studi Umanistici, con i migliori professori che da decenni attendevano di poter studiare e lavorare liberamente.
Da quali studi ha cominciato?
«Mi sono specializzata in Studi Classici, laureata con una tesi sul concetto della Santa semplicità nelle Scritture, nella Patristica e nell'agiografia».
Come mai, poi, l'incontro con la lingua italiana?
«La mia prima lingua europea all'Università è stata l'italiano, insegnato dalla mitica Halina Muravieva, e l'italiano è diventata la mia materia preferita in assoluto. Insegno italiano, dunque: cinema e letteratura, vari aspetti di traduzione e interpretazione».
Quando ha incontrato Guareschi e Don Camillo?
«Nel 1994, dopo il secondo anno all'università, vinsi una borsa di studio per il Corso estivo dell'Università degli Studi di Milano sul lago di Garda: era anche il mio primo incontro con l'Italia. Una sera in televisione trasmisero il film Don Camillo, che mi colpì molto. Andando a cercare sulle bancarelle dei libri usati ci pescai proprio il primo Don Camillo.
Che cosa la colpì di quel testo?
«L'umorismo, che ti fa ridere e piangere allo stesso tempo, la capacità di sdrammatizzare e di restare... sentimentale, il Cristo che parla e sorride, la prospettiva della speranza, della possibile riconciliazione».
E dello stile di scrittura?
«L'eleganza della semplicità. Il dialetto che non si vede, ma si percepisce. L'umorismo bello, limpido, leggero, quasi intraducibile».
Come ha approfondito la conoscenza delle sue opere?
«Dopo quindici anni di assiduo lavoro, ho finalmente concluso il mio dottorato sull'opera di Guareschi, ma avevo già pubblicato la traduzione di alcuni suoi titoli e avevo conosciuto i figli: Albertino e Carlotta, che non è più fra noi (in quella grigia mattinata d'ottobre del 2015, nella chiesa di Roncole Verdi per il funerale della Pasionaria, Olga c'era. Ndr)».
Prima di conoscere Guareschi, quali autori italiani le erano noti?
«I sommi del passato, naturalmente: Dante, Petrarca, Boccaccio, Machiavelli, letti allora in russo».
E dei contemporanei?
«Rodari conosciuto da ogni bambino sovietico, Natalia Ginzburg e Moravia, Eco, che aveva appena pubblicato in russo Il nome della rosa. E durante quel corso sul lago di Garda, oltre a Guareschi avevo conosciuto Calvino, Verga, Leopardi, e Giovanni Mosca».
Come e quando ha pensato di tradurre Guareschi?
«Fin da subito, direi. Ma la strada era molto tortuosa. I cattolici russi avevano rifiutato il libro giudicandolo poco cattolico; le case editrici laiche lo trovavano troppo anticomunista. Diciamo, allora, che l'idea ha avuto tutto il tempo necessario per maturare bene. Dal primo tentativo alla prima pubblicazione, uscita su una rivista letteraria, sono passati dodici anni; per arrivare al primo libro, di anni ne sono trascorsi sedici».
Quali opere ha tradotto finora?
«Mondo piccolo. Don Camillo nel 2012 e una seconda edizione nel 2015, La favola di Natale nel 2013, Don Camillo e il suo gregge, diviso in due volumetti, nel 2016. Ora mi accingo ad affrontare altri tre opere: Diario clandestino, Il compagno don Camillo, Corrierino delle famiglie».
Le reazioni dei lettori?

«I lettori mi stanno sempre a sollecitare: Dai, fai presto a tradurcene ancora uno!. Molti, peraltro, ci sentono la grande attualità anche per la nostra società di oggi: così divisa, così piena di violenza e di paura, che ha tanto bisogno della speranza e del perdono».
Giovanni Lugaresi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino