Coronavirus/ 1 Ma i cinesi ci rimborseranno? È con le lacrime agli

Coronavirus/ 1 Ma i cinesi ci rimborseranno? È con le lacrime agli
Coronavirus/ 1Ma i cinesici rimborseranno?È con le lacrime agli occhi che ho detto al mio personale che anche se rientriamo tra le industrie strategiche - chiuderemo (fino a...

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Coronavirus/ 1
Ma i cinesi
ci rimborseranno?
È con le lacrime agli occhi che ho detto al mio personale che anche se rientriamo tra le industrie strategiche - chiuderemo (fino a quando non si sa) l'azienda il 15 aprile: poi non avremo più nulla da produrre, tutti gli ordini cancellati, e i pagamenti spostati a chissà quando. 50 anni di lavoro partendo dal nulla, il 2° marchio nel mondo di spumanti, una dei simboli dei vini italiani, 300 persone laboriose che rimarranno a casa, 16 milioni di bottiglie prodotte ogni anno, vendute nei migliori locali del mondo, 80 milioni di di fatturato. Abbiamo il massimo rispetto per cinesi e per la loro cultura, ma nessuno può esimersi dalle proprie responsabilità: e anche se siamo in piena emergenza e i nostri sforzi devono essere tesi ad uscire da questa situazione secondo le direttive politiche e della scienza per tamponare la pandemia, è giusto chiedersi: come il governo cinese rifonderà l'Italia e il mondo dei danni procurati? È al loro interno che non hanno rispettato le norme igieniche, che non hanno lanciato l'allarme (anzi hanno censurato il medico Li Wenliang che aveva dato l'allarme); sono loro che non rispettano uomini, animali e ambiente, che hanno condizioni igieniche e di lavoro che non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle del mondo occidentale. Mentre siamo con il cuore in gola a guardare inermi la strage che si sta compiendo, la distruzione della nostra economia e ammirando quanto stanno facendo i medici e gli infermieri, siamo stati trattati come untori, anche dall'America e dall'Europa, per colpa di chi ha tradizioni discutibili e non le sa regolamentare nella sicurezza del mondo. Se ci sarà un domani, qualsiasi prodotto made in China dovrà poter entrare nel nostro mondo solo se sapranno garantire i nostri standard e le nostre dogane e sistemi di controllo dovranno pretendere lo stesso che loro pretendono sui nostri prodotti, che applicano una politica protezionistica sotto gli occhi di tutti, ma senza che nessuno se ne accorga.

Sandro Bottega
Coronavirus/2
Un nuovo futuro
per Venezia
La meravigliosa e inedita Venezia, quasi privata della presenza umana in questi cupi giorni nei quali la città si offre a quei pochi che la possono vedere, non può non indurci a riflettere sul dopo Covid 19. Sicuramente il mondo non sarà più come prima, e Venezia che di quel mondo ha rappresentato forse uno dei simboli più estremi, sommersa da un turismo spesso senza rispetto che la divora e attraversata nel suo cuore da enormi navi sovraccariche di persone, dovrà anch'essa necessariamente cambiare. Prima l'acqua granda dello scorso novembre e ora la terribile emergenza del Coronavirus hanno mostrato inesorabilmente il limiti di una città la cui vita sociale ed economia è legata quasi unicamente alla monocultura turistica. Non possiamo quindi non cercare di immaginare e progettare una nuova vita per Venezia. Le sagge parole, quasi profetiche, pronunciate dal Patriarca in occasione del concerto di Natale in Basilica, ci facciano riflettere ancora di più. Deve essere quindi indirizzata un'esortazione a chi in futuro amministrerà questa nostra amata città, chiunque sia. Si rendano il Comune, ed anche la Regione, punti di riferimento per una grande nuova visione. Si usino le intelligenze più brillanti e le energie migliori sia a livello nazionale che internazionale, il mondo delle Università, dell'Alta Formazione e della cultura per aiutarci a progettare la Venezia del futuro. Una Venezia accogliente che trovi il modo per ripopolarsi di abitanti, un luogo di lavoro e di produzione gentile e sostenibile, compatibile con la sua natura, una città faro di cultura e di arte per il mondo, dove possano vivere studenti e professori, artigiani, professionisti e famiglie, e nella quale trovi spazio un turismo meno invasivo e più rispettoso della sua storia, del suo passato ed anche di chi a Venezia ci vive. Venezia diventi cosi' un modello per il mondo ed insegni come grazie alla capacità di reinventarsi da una sciagura possa derivare anche un'evoluzione positiva.
Fabio Moretti
Presidente dell'Accademia di Belle Arti di Venezia
Coronavirus/3
Dolorose distanze
in famiglia
Non sono più giovane e per questa ragione insieme ad una buona dose di consapevolezza maturata negli anni in cui mi sono occupato di relazioni sindacali, già prima del chiudere tutto, avevo assunto una posizione di grande prudenza diradando tutti i rapporti sociali ed usando mascherina e guanti, tanto che la gente mi guardava come fossi matto. Ora sono 20 giorni che non sono più uscito di casa e quindi la mia preoccupazione è che il contagio possa avvenire tramite la persona che mi è più cara cioè mia moglie che continua la sua attività in ospedale. Infatti, pur non essendo in prima linea, è in reparto ad assistere pazienti. E se tra questi arrivasse qualcuno asintomatico però potenzialmente contagioso? Ho potuto intuire dai suoi racconti che, quando all'inizio dell'emergenza non vi era una assoluta consapevolezza sulla facilità di contagio, l'utilizzo dei DPI non è stato molto diligente sia perché erano centellinati sia perché fra gli stessi sanitari non vi era un comportamento uniforme. Ora mia moglie, salvo una continua tossetta, non manifesta sintomi particolari ma nel dubbio che possa essere asintomatica abbiamo attuato una sorta di distanziamento familiare emotivamente molto difficile e doloroso. Per di più io sto vivendo molto male, ed uso un eufemismo, perché pur avendo preso prima ogni cautela per evitare un potenziale contagio, mi trovo adesso invece in un potenziale pericolo. Credo di interpretare uno stato d'animo diffuso fra tutti i familiari di chi lavora negli ospedali. Credo che le varie aziende sanitarie debbano sottoporre tempestivamente al tampone i loro collaboratori, e non solo quelli che curano gli ammalati di covid 19, altrimenti, gli stessi operatori sanitari, se asintomatici, rischiano di diventare dei moltiplicatori di contagio come paventato in queste ore da molti medici.
Michele Lazzari
Coronavirus/4
Otto richieste
dalle parite Iva
Sono fondatrice e portavoce del gruppo che vede crescere ogni giorno, arrivando ad oggi a 150 persone e tutti possessori di Partita Iva dal settore della ristorazione, al commerciale all'artigianato, che vede coinvolte più città della regione Veneto a partire da Bassano del Grappa, Treviso, Fossalta di Piave, Fossalta di Portogruaro, Musile di Piave, Jesolo e San Donà. Lanciamo un grido d'aiuto. Queste sottoelencate sono le richieste e le problematiche attuali che tutti noi del gruppo ci ritroviamo ad affrontare in questo momento. 1. Blocco (e non posticipo), riduzione del prezzo delle spese vive quali bollette, affitti, mutui, finanziamenti, tasse varie e via dicendo, sia nel privato che nell'autonomo, per evitare all'apertura delle attività, l'accumularsi di spese dei mesi precedenti, in particolare luce, immondizia e acqua, soprattutto per i contesti di natura condominiale. 2. Non mettere scadenze e sanzioni per tutto il 2020 e metà 2021 perché le imprese devono ripartire e quelle attive da poco, ripartire da zero, considerando che per un'attività ci vuole minimo un anno per prendere il via. 3. Abbassare l'Iva per far sì che soprattutto chi, come le imprese della ristorazione ha merce in scadenza o buttata via perché deteriorata, avendo così avuto una perdita importante di denaro, abbia la possibilità di riacquistarla oppure avere un sostegno economico per riacquistare la merce per l'apertura dei locali. 4. Per quanto riguarda i negozi, non mettere vincoli di nessun genere riguardo vendite promozionali, saldi ecc... in quanto chi aveva merce stagionale ha perso le vendite e così da ritrovarsi la merce invernale, nel periodo estivo. 5. Per quanto riguarda i dipendenti e tutte le spese annesse, cassa integrazione, diminuire l'importo a chi percepisce il reddito di cittadinanza e dare la possibilità ai lavoratori dipendenti di percepire del denaro per poter anche loro pagare le spese che con la cassa integrazione non percepiscono. 6. Consideriamo che anche noi abbiamo una vita privata con delle spese che paghiamo dalle entrate delle nostre attività che ora sono chiuse e quindi per noi Partita Iva le conseguenze del probabile indebitamento son doppie. 7. Con i 600 ci facciamo ben poco visto che solo una bolletta li supera di gran lunga. 8. La maggior parte di noi ha dipendenti che non sanno come pagare loro stipendi e contributi.
Elisa Aracri
Coronavirus/5
Il virus
della follia

Oramai i morti si contano già a tre cifre, per cui le masse si lasciano sopraffare dalla paura e dall'ansia, che rischiano di trasformarsi molto facilmente in un clima di psicosi e di isteria collettiva. Quanti detengono le redini del potere ne approfittano per emanare leggi d'emergenza, come nel periodo del terrorismo. Siamo in guerra, dicono, proprio per creare un clima di terrore. È la narrazione più divulgata: almeno le persone più vigili e razionali hanno il dovere di riflettere con ponderazione e lungimiranza per prefigurare alcuni scenari futuri e più probabili, benché la reclusione in casa per lungo tempo, ci annebbi il cervello e si corra il rischio di impazzire. Fra un mese potremo già contare il numero delle persone fuori di testa. Tuttavia, l'aspetto che più mi inquieta di tutta la vicenda che stiamo vivendo, è la gogna mediatica cui sono esposti i contagiati. I quali non soltanto sono affetti o afflitti dal morbo, costretti in un penoso stato di isolamento e di quarantena totale, bensì devono pure essere esposti alla vergogna pubblica, a dispetto di ogni legge sulla privacy. Molti contagiati hanno esalato il loro ultimo respiro senza nemmeno il conforto dei loro cari. È questo il destino più triste ed infame per ogni essere umano.
Lucio Garofalo
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino