Carlo NordioNell'estate del 1982 il governo annunciò, con un fervore entusiastico, di aver dichiarato guerra implacabile e risolutiva agli evasori fiscali. La trionfalistica...
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Nell'estate del 1982 il governo annunciò, con un fervore entusiastico, di aver dichiarato guerra implacabile e risolutiva agli evasori fiscali. La trionfalistica notizia fu divulgata con la stessa edittazione solenne di questi giorni, e con lo stessa minaccia, tanto rude quanto scontata, delle manette. Superfluo ricordare la fioritura di considerazioni etiche, economiche, sociologiche e persino religiose che accompagnarono favorevolmente questa benemerita intenzione, perché nulla è più pernicioso, in uno stato civile, dell' impunità di chi non paga le tasse. Se lo Stato siamo noi, e quindi siamo noi a doverlo mantenere, sottrarsi a questo dovere è anche peggio che un crimine: è uno stupido errore.
Gli unici a dubitare dell' efficacia di questa ennesima grida manzoniana furono proprio gli addetti ai lavori, cioè i magistrati ( tra i quali chi scrive) che conoscendo la sgangheratezza del nostro sistema penale intravidero subito le insormontabili difficoltà di una reale applicazione della sanzione detentiva ai contribuenti infedeli. Perché il reato fiscale è di valutazione dannatamente difficile: basti dire che molti accertamenti delle Agenzie delle entrate e della stessa Guardia di Finanzia vengono ridotti o annullati dalle Commissioni tributarie, e quindi il giudice penale - se non vuole attender l'esito del contenzioso amministrativo rischia di decidere in modo difforme dall'organismo deputato alla verifica finale.
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Il Gazzettino