Avezzù: «Daremo speranza a una città che è rassegnata»

Avezzù: «Daremo speranza a una città che è rassegnata»
Nel 2011 aveva rinunciato, a malincuore, a cercare di riconquistare il municipio, per andare a sostenere Bruno Piva. Quel desiderio non l'ha riposto ora e così Paolo Avezzù,...

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Nel 2011 aveva rinunciato, a malincuore, a cercare di riconquistare il municipio, per andare a sostenere Bruno Piva. Quel desiderio non l'ha riposto ora e così Paolo Avezzù, sindaco dal 2001 al 2006, poi sconfitto quello stesso anno da Fausto Merchiori (mentre cinque anni prima le parti si erano invertite), si candida sindaco di nuovo.

Perché questa scelta, in un quadro già frammentato del centrodestra?
«A luglio, caduto Piva, non ci pensavo. Un po' di amici, però, dopo qualche settimana iniziarono a parlarmi in proposito, mentre ero in vacanza al mare. Mia moglie mi diceva di fare volontariato, ma sono già dentro sei o sette associazioni, così ho deciso di continuare là dove ho più esperienza: la politica. Con un obiettivo, però: voglio trasmettere tale esperienza e per questo ho inventato una scuola di politica, con incontri a tema sulla pubblica amministrazione, e poi creare un nuovo gruppo per il futuro, i prossimi amministratori. Siamo l'unica coalizione con una lista con candidati dai 18 ai 27 anni: è la mia più bella vittoria, giovani che si impegnano, non passano il tempo al bar».
Come sarà la Rovigo cui tendete?
«Nel 2001 avevo in mente una sfida, perché un giornalista del Corriere della sera che parlava delle città, aveva detto che Rovigo era solo una targa automobilistica: volevo dimostrare il contrario e infatti oggi c'è l'università, ho completato il recupero del Roverella spendendo metà del bilancio, per far partire le mostre. Ora voglio far ricredere che siamo la città più triste d'Italia. Vedo in giro rassegnazione: voglio dare speranza, ancor più nelle frazioni».
In quale modo pensa di riuscirci?
«Le soluzioni sono tante. Gli ultimi due sindaci, con quattro Governi cambiati, hanno subito il taglio del 44 per cento delle risorse, ma non voglio ripetere la solfa che non ci sono soldi: puntiamo ai fondi europei, ci sono 900 miliardi dal 2015 al 2020. Prime opere da fare sono le sistemazioni delle strade. Oltre a ciò, vendiamo le farmacie, ricavando 15 milioni, mentre non vendo le quote di Ascopiave perché rendono, a differenza di idee altrui: oggi valgono 22 milioni e aumentano di valore, azioni che nel 2014 hanno dato dividendi per 1,3 milioni al Comune, mentre le farmacie danno utili insignificanti. Naturalmente venderle con vincoli, come il restare nelle frazioni. Parlare di tagli al bilancio è irrealistico, si è già tagliato tutto. C'è infine la questione del lavoro. Il Comune non ha poteri, ma può essere un facilitatore, mediando con le categorie. Inoltre modifichiamo norme come l'articolo 23 sull'Interporto, perché il no ad aziende inquinanti c'è già, però quell'articolo ha bloccato altri insediamenti: l'area Il Volo avrebbe dato 400 posti».
Due fronti con esigenze diverse: giovani e anziani. Quali programmi avete?
«Sulla terza età, con i vari operatori (Iras, Ulss e così via) serve un piano per nuove strutture, c'è domanda di assistenza. Va potenziata la domiciliare, si toglie vita all'anziano a metterlo in strutture se non necessario. Ai giovani, oltre al lavoro, bisogna dare spazi di aggregazione. Il mio sogno è un palaeventi sia per lo sport di alto livello che per concerti. Nei miei cinque anni da sindaco sostenemmo grandi concerti al teatro Sociale. La sfida con l'università è stata vinta, ma va completata portandola in centro, idea nata con gli allora presidenti dei Concordi Luigi Costato e del Cur Giorgio Marassi. La sistemazione di Palazzo Angeli è nata con la mia giunta, facendo il progetto e trovando i fondi, negli ultimi otto anni si è fatto più nulla. In un anno si può finire e aprirlo».
Accennava al teatro e al Roverella. Cosa volete fare ancora nella cultura?
«Il teatro va usato tutto l'anno e diventare anche la casa delle realtrà amatoriali e musicali. Un handicap è la messa a norma, ma il commissario molto ha fatto per questo, così come per gli impianti sportivi. A fine campagna elettorale svelerò due soluzioni che ho per riaprire il cinema in centro: il luogo e chi lo farà, un'opportunità per vivacizzare la città. La cultura valorizza i contenitori e porta sviluppo».
Lo sviluppo comporta l'agire anche sulla forma della città. Sul fronte urbanistico quali linee avete?
«Intanto basta al consumo di suolo e no a nuove espansioni commerciali tipo “Rovigo sud”. Pensiamo a recuperare l'esistente, soprattutto in centro. Poi ci sono contenitori come la caserma Silvestri, i due edifici ex Banca d'Italia, l'ex Genio civile, il carcere che resterà vuoto, l'ex caserma dei vigili del fuoco, la questura che si sposterà: abbiamo spazi da far abitare a giovani famiglie, che portano vita. Lo abbiamo già provato a Mardimago con i Piruea. La cintura verde attorno alla città va protetta, infatti l'abbiamo messa nel Pat. Credo nella città sostenibile, io i pannelli fotovoltaici li ho messi, altri l'hanno fatto tra quelli che lo proclamano? Dobbiamo facilitare, poi, lo sviluppo delle frazioni che stanno morendo, fermando l'esodo. Rovigo deve essere area da 80-90mila abitanti, perché questo è il numero di persone che vi gravita, però viene alimentata dalle tasse di 52mila residenti. Colleghiamo i servizi ragionando con i dodici dell'hinterland. Guardiamo poi in modo più ampio: la direttrice con Verona è chiave di sviluppo».
Quali sono le vostre intenzioni su infrastrutture e mobilità?

«Avevamo già fatto il Piano della mobilità: viabilità, trasporti e ciclabilità. Ci sono già le priorità, con gli studi fatti quand'ero sindaco e con Piva. Va completato l'anello attorno alla città, dunque il passante nord su via Calatafimi e il passante ovest da via Amendola a viale Porta Adigei. In quanto al Corso, gli studi dicono che è usato come attraversamento e se lo si chiude, il traffico si riversa in altre strade magari inadatte».
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Il Gazzettino