Settecento no vax a Vittorio Veneto, tutti senza mascherina: «Sono in arrivo multe salate». Sul palco sale anche Povia

La manifestazione no vax a Vittorio Veneto
VITTORIO VENETO - La città della Vittoria come Padova: anche nel parco di via Schiapparelli, nella zona industriale di San Giacomo, ieri non c’erano mascherine...

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VITTORIO VENETO - La città della Vittoria come Padova: anche nel parco di via Schiapparelli, nella zona industriale di San Giacomo, ieri non c’erano mascherine sui volti dei circa 700 partecipanti alla manifestazione “Giù le mani dai bambini” organizzata dai No Pass. La polizia ha fatto sapere che sta già valutando le sanzioni per tutti. La sfida alle disposizioni sull’uso delle mascherine era palese, come anche i toni accesi degli interventi dei relatori giunti verso le 14 al parco Alberto Dan. All’entrata uno spiegamento delle varie forze dell’ordine: carabinieri, polizia e vigili urbani a monitorare l’afflusso e a controllare che non ci fossero problemi.

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IL PRIMO CITTADINO

Uno dei primi a prendere il microfono dopo l’introduzione di Francesca Salvador, organizzatrice dell’evento, e’ stato il sindaco di Povegliano Rino Manzan: «Secondo certi giornalisti io sarei il sindaco ribelle - ha esordito - Non essendoci unanimità nella mia amministrazione su questo mio modo di pensare, oggi sono qui come un semplice cittadino. Ciò nonostante vado avanti. Sono cresciuto con il pensiero di don Lorenzo Milani che diceva che l’obbedienza non è più una virtù: si devono rispettare solamente le leggi giuste, non le leggi inique. Qui siamo in una situazione dove di giusto c’è ben poco. Io mi permetto di dire che non sono d’accordo con il Green pass, e lascio a tutti la libera scelta di vaccinarsi oppure no». Manzan ha aperto una parentesi personale: «Io non sono vaccinato perché da alcuni anni combatto contro un tumore e dopo le cure mi sono rimaste alcune problematiche importanti. Voglio morire di morte naturale e non sperimentando il vaccino. Quando sento parlare di vaccini ai bambini mi vengono i brividi, credo sia una cosa ignobile. Io voglio vivere una vita umana. Quel poco che mi resta da vivere chiedo un mondo più umano». Dopo la lettura di una poesia in dialetto veneto, si sono alternati sul palco Stefano Re, Riccardo Rocchesso, Ivano Spano, Sara Cunial, Angela Camuso, giornalista de “La Verita’”. In altri interventi telefonici si sono collegati Massimo Mazzucco, Claudio Messora, Silvana De Mari, Francesco Amodeo, Fulvio Grimaldi, Davide Barillari. Ognuno di loro ha ribadito che considera assurdo il Green pass, usando toni molto accesi specie quando si è parlato dei bambini.

 

IL CANTANTE

Al termine dell’incontro verso sera, è salito sul palco il cantante Povia: «Mi dispiace essere l’unico cantautore che si è schierato con il popolo. Uno Stato che non permette di esercitare la sovranità al popolo è fascista, perché discrimina le minoranze. Per tutelare un diritto internazionale, attraverso il Green pass non tutela il bene nazionale. Vado avanti con il mio disco, cercando di raccontare con le mie canzoni questa ingiustizia. Cerco di insegnare alle mie figlie ad essere coraggiose e a vedere oltre quello che non ci viene fatto vedere, con intelligenza». Povia si è poi esibito in alcuni brani che hanno coinvolto il pubblico, e ha sottolineato: «Gli assembramenti che fanno allo stadio sono normali, mentre quello che facciamo qui oggi in un prato all’aperto dovrebbe essere illegale perché non abbiamo le mascherine e siamo assembrati». Il pubblico ha risposto con degli “alè oh oh” come se fosse allo stadio.

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GLI ATTACCHI

Nel complesso la manifestazione si è svolta in modo pacifico e senza problemi di ordine pubblico, nonostante i toni di alcuni interventi molto accesi. Criticata l’Europa per le sue «decisioni scellerate» il governo e alcuni ministri per il modo in cui stanno gestendo la situazione. È stato puntato il dito contro la sanità, colpevole di non aver curato o di non aver insegnato alle persone come curarsi subito, senza perdere tempo salvo poi dover farsi ricoverare e in molti casi troppo tardi per essere salvati. «Se siamo il venti percento - Ha fatto notare Stefano Re - Ci lascino in pace. Vogliamo solo essere lasciati stare e non vessati e costretti a fare azioni che non condividiamo». 

 

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Il Gazzettino