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SPRESIANO - Il velodromo di Lovadina di Spresiano è all’ennesimo empasse, bloccato anche a causa della pandemia. I costi del materiale sono lievitati in modo spropositato frenando la ripartenza. «Sono dispiaciuto per la situazione - afferma il presidente della Fci Cordiano Dagnoni - Sono nato in pista, mio padre è stato pilota di stayer e derny, io stesso ho corso in pista da corridore e pilota. Sono il primo a desiderare che ci sia in Italia un velodromo coperto per permettere di disputare le grandi competizioni, Seigiorni, Mondiali, Olimpiadi, prove di Coppa del Mondo. Appena insediato ho cercato di fare chiarezza sulla faccenda velodromo di Lovadina di Spresiano».
A che punto stiamo presidente?
«Il nuovo segretario, Marcello Tolu, ha preso subito a cuore il problema, affrontando numerosi viaggi in Veneto per incontrare le istituzioni. Una decina di giorni fa ha incontrato il presidente della Regione, Luca Zaia, e il sottosegretario con delega allo sport, Valentina Vezzali. Non è una situazione semplice da sbrogliare».
Un mese fa sembrava fosse ormai raggiunto un accordo e si stava parlando di riaprire i cantieri a breve
«La presidenza del Consiglio aveva ventilato l’ipotesi di un commissario straordinario cui affidare la gestione delle grandi opere e infrastrutture, compreso il velodromo trevigiano.
Cosa blocca l’avanzamento dei lavori?
«Il nostro segretario è molto attivo con le istituzioni e sta cercando di sbrogliare la matassa per arrivare a conclusione. Ma troppe persone parlano senza conoscere l’iter burocratico e la complessità delle carte e di tutti i passaggi che si sono avvicendati in questa intricata vicenda. Mettiamoci anche il costo del materiale edile per completare l’opera. Lievitato all’ennesima potenza in questi due anni di pandemia. Non nascondo che la situazione non sia complicata ma confido di riuscire a risolverla. Abbiamo a cuore la vicenda, anche perché ne va del futuro del ciclismo italiano su pista. Se dipendesse tutto da noi avrebbe risolto il tutto in tempi brevi donando all’Italia un velodromo degno del nostro paese».
C’è il rischio che l’opera venga abbandonata così come si trova?
«Faremo di tutto per rimettere in moto le procedure. Anche perché per quella struttura sportiva sono stati stanziati finanziamenti pubblici. E non sono pochi. C’è una legge per Lovadina di Spresiano che destina i soldi. Ma la Federazione al momento non può mettere la differenza del denaro che manca, per far ripartire il cantiere. Insomma per completare la struttura servirebbero altri fondi che non sono facili da reperire».
Si parla da tempo di cordate di imprenditori disposti a rilevare l’opera.
«Chiunque voglia contribuire al completamento del Velodromo o si attivi con progettazione chiare e propositive è il benvenuto. Perché noi vogliamo bene al ciclismo. Certo, si parla di cordate di imprenditori trevigiani. Che si facciano avanti. Io sono il primo a desiderare che venga completato il velodromo».
E sulla gestione cosa accadrebbe?
«Altro punto complesso - conclude Dagnoni -. La Pessina, azienda che aveva vinto l’appalto per costituire la struttura ma poi ha dichiarato fallimento, aveva assunto anche l’onere della gestione. Era stato chiamato come consulente anche Roberto Amadio. Ma fallita l’impresa è fallito anche il discorso della gestione. Che non è semplice. Se una struttura simile si trovasse in una metropoli come Milano tutti sarebbero pronti a gestirla. In una zona un po’ più periferica l’impegno diventa pesante. Io sono un inguaribile ottimista».
Presidente, il velodromo di Lovadina di Spresiano resterà una cattedrale nel deserto?
«Spero proprio di no. Deve essere completato. Nel Veneto laborioso e sportivo non ci può rimanere un’opera incompleta. Lo dobbiamo al popolo del ciclismo e a tutto lo sport italiano».
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Il Gazzettino