TARZO - Riesce a ingannare i tumori. Si fa mangiare dalle cellule impazzite facendo credere loro di essere cibo attraverso il quale crescere e proliferare. Ma una volta...
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Dottoressa Gandin, innanzitutto, come è nata questa nuova molecola?
«Nasce da una intuizione risalente al 2006, quando ho iniziato il dottorato di ricerca con la professoressa Cristina Marzano. L'intuizione si basava sul fatto che il rame, essendo un metallo endogeno, essenziale per l'organismo umano, potesse essere una base perfetta per la preparazione di composti a base metallica meglio tollerabili rispetto a quelli attuali a base di platino, metallo non endogeno che conferisce ai composti un'elevata tossicità».
Come funziona?
«È una molecola che abbiamo definito smart. Intelligente. Perché inganna il meccanismo fisiologico dei tumori. Agisce come un Cavallo di Troia. Con questo composto riusciamo a veicolare il rame in maniera selettiva nelle cellule tumorali. Questo in realtà non nutre le cellule ma, al contrario, una volta dentro, è in grado di generare una complessa cascata di segnali che porta alla distruzione delle cellule stesse, comprese quelle refrattarie alla classica chemioterapia. In buona sostanza, le cellule tumorali credono di alimentare la propria crescita, invece vengono eliminate».
Quali sono i prossimi passi sul fronte della sperimentazione?
«La sperimentazione ora è in mano alla società farmaceutica americana che ha preso in licenza il brevetto. Per prima cosa validerà i risultati che abbiamo già ottenuto, riproducendo la molecola secondo quanto previsto dalle agenzie. La prospettiva è che il farmaco prodotto possa essere testato anche sull'uomo. Serve quindi una lunga serie di valutazioni e di prove. L'idea è di arrivare al reclutamento di pazienti per iniziare la sperimentazione clinica in tempi ragionevolmente brevi. Abbiamo fatto una fase pre-clinica con buoni risultati, già abbastanza avanzati. Dovesse andare tutto bene, si punterà alla commercializzazione dei nuovi farmaci antitumorali. Ammettendo anche che la resa sia ottima, non si parla comunque di meno di 4 o 5 anni».
In attesa di capire come andrà la sperimentazione, avete già raggiunto un risultato enorme
«Si, molto importante. E con finanziamenti ridotti. L'Università di Padova ci ha forse creduto molto di più di tanti altri enti finanziatori. Per noi è davvero un ottimo risultato. Ma ricordo che è solo un punto di partenza. Non voglio che le persone vengano illuse».
Un'attenzione che a fronte del successo professionale le fa più che onore
«Quello che mi fa soffrire molto è che a volte ricevo delle telefonate da persone che hanno visto il mio nome e che hanno un paziente oncologico in famiglia. Mi chiedono disperatamente come possono fare. La cosa, purtroppo, non è così immediata. Il nostro è un piccolo passo su una strada ancora molto lunga. Però è vero che dà speranza. Se potrà migliorare anche solo la vita di alcune persone, per noi sarà una soddisfazione enorme. Andrebbe a dare valore a quello che facciamo ogni giorno. Non solo dal punto di vista professionale. Se abbiamo scelto di fare questo lavoro è perché le nostre attività abbiano un fine comune».
Mauro Favaro
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Il Gazzettino