Un tubo di 150 km sotto il Po contro la siccità: quasi pronto il by pass dai pozzi pedemontani per dare acqua al Delta

DELTA - «Tra qualche settimana sarà completata l’interconnessione tra la centrale di Ponte Molo e il Savec, l’opera che garantisce la potabilizzazione...

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DELTA - «Tra qualche settimana sarà completata l’interconnessione tra la centrale di Ponte Molo e il Savec, l’opera che garantisce la potabilizzazione dell’acqua senza dover ricorrere al prelievo dal Po». Ad annunciarlo con enfasi è il presidente della Regione Luca Zaia. E l’enfasi è giustificata. Il Savec è il Sistema acquedottistico del Veneto centrale, che pesca acqua di falda dal campo pozzi di Camazzole, nell’alveo del Brenta, mentre la centrale di potabilizzazione di Ponte Molo, che sorge sul Po di Gnocca sulla sponda di Taglio di Po, a 150 chilometri di distanza, è quella che serve un bacino di 30mila abitanti e lo scorso anno è andata in sofferenza a causa della risalita del cuneo salino, al punto che si è prima dovuta fermare, poi ha ripreso l’attività grazie a un dissalatore noleggiato dalla Spagna, poi si è nuovamente fermata, a fine luglio, perché l’acqua era troppo salata per renderla potabile. L’intervento in corso prevede anche l’attraversamento del Po di Venezia, con un tubo spinto in maniera telecontrollata sotto l’alveo del fiume per circa un chilometro, per sbucare presso la centrale di Ponte Molo. La conclusione dell’opera di connessione, finanziata con 2,8 milioni nell’ambito del Piano contro l’emergenza idrica, è prevista entro fine maggio.


«Il cantiere - spiega - ha iniziato la fase più delicata, l’attraversamento del Po, ed entro qualche settimana l’opera sarà conclusa. Abbiamo creato un collegamento fra uno dei territori più ricchi d’acqua del Veneto e località dove l’acqua dolce, potabile, è merce rara. Lo abbiamo fatto con un progetto avveniristico, che ha anticipato tematiche legate all’emergenza siccità che abbiamo finanziato con 2,8 milioni con il piano del commissario per l’emergenza idrica 2022».

I COMMENTI


Il mese scorso il presidente di Acquevenete, Piergiorgio Cortelazzo, aveva fatto il punto. «Abbiamo quasi completato le opere della fase 1 del piano elaborato in coordinamento con la Regione, il ministero delle Infrastrutture e la Protezione civile, e stiamo procedendo con gli interventi della fase 2, per lo più opere di interconnessione delle fonti e di messa in sicurezza dei pozzi per non trovarci come lo scorso anno». Il Savec, rimarca ancora Zaia, è «un’infrastruttura dalle grandi capacità: preleva ora fino a 950 litri al secondo di acqua, dei quali 450 per il sud della regione». E questa interconnessione, ribadisce, è una risposta al problema della siccità. Che «si contrasta programmando e mettendo in cantiere opere lungimiranti, sostenibili e strategiche che trasformano gli acquedotti esistenti, spesso frammentati, in un sistema affidabile ed efficiente. Opere in grado di sostituire le fonti più a rischio, in particolare quelle delle acque superficiali notoriamente vulnerabili agli inquinamenti e anche al cuneo salino, con altre di qualità e quantità garantite quali le acque sotterranee pedemontane, obiettivo appunto del Savec. Il mio ringraziamento va ai gestori idrici del Veneto e a tutti coloro che stanno lavorando in questo cantiere dai contenuti davvero unici: è un ponte blu che collega la nostra regione, dove l’acqua è trattata come un bene prezioso, da condividere e gestire senza alcuno spreco». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino