Edoardo Zattin, morto dopo l'allenamento di boxe. La madre: «Ora voglio la verità»

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ESTE (PADOVA) - «Voglio che ci sia detta la verità. Ero davanti alla palestra, in lacrime, e nessuno è venuto a darmi conforto. Avrebbero potuto almeno consolare il pianto di una madre». Sono le parole di Manuela Borile, mamma di Edoardo Zattin, che per la prima volta racconta quanto accaduto la tragica notte in cui suo figlio, di 18 anni, è stato ricoverato d'urgenza dopo essere crollato a terra durante un allenamento di boxe. L'occasione è sorta a margine dell'assemblea d'istituto dell'Atestino, scuola che Edoardo frequentava con profitto. Ieri mattina, infatti, si è svolta la tradizionale giornata di autogestione, in cui gli oltre 600 studenti hanno animato il patronato del Redentore con tornei sportivi e corsi monografici di approfondimento.


Le tre competizioni di calcetto, pallavolo e basket sono state per la prima volta intitolate alla memoria di Edoardo e, per l'occasione, i genitori sono intervenuti per non far mancare la loro vicinanza agli ex compagni del figlio. Un abbraccio ideale, che ha dato un po' di forza a Manuela ed Enrico.


LE DICHIARAZIONI
«La situazione è pesante hanno dichiarato . A distanza di oltre due mesi non sappiamo ancora cos'è successo al nostro Edoardo». I genitori, uniti nel ricordo, ripercorrono le tragiche ore di mercoledì 22 febbraio, quando il loro amato figlio è stato strappato alla vita. «L'ho salutato prima che andasse in palestra, verso le 18.30, e gli ho chiesto cosa volesse per cena racconta Manuela . Era pronto a prendere la moto e aveva il suo borsone, con dentro guantoni e caschetto per la boxe». Quella è stata l'ultima volta in cui lo ha visto vivo. Due ore e mezza dopo, è Enrico a ricevere una telefonata dalla palestra: una voce femminile gli dice che suo figlio sta male. Giusto il tempo di avvertire l'ex moglie e l'uomo si precipita a Monselice, alla palestra Iron Dojo di via Umbria. Lì sono già presenti i sanitari, che tentano di soccorrere il ragazzo.


Spiega Enrico: «Sono arrivato là e ho visto Edoardo a terra, con gli occhi chiusi e privo di sensi». La mamma, intanto, raggiunge la palestra. Si mette dietro l'ambulanza dove Edoardo è stato caricato e attende notizie. Mentre il personale del Suem stabilizza il ragazzo, le preoccupazioni di Manuela crescono: «Piangevo e chiedevo a Enrico perché l'ambulanza tardasse a partire. Sono rimasta lì parecchi minuti e in quel lasso di tempo nessuno, né del personale né dei presenti, si è avvicinato per chiedermi come stessi o per portarmi un bicchiere d'acqua. Come si fa a non consolare una mamma che piange? Nessuno ci ha seguito verso l'ospedale e, soprattutto, nessuno ci ha detto cosa era successo a nostro figlio».


Manuela ed Enrico lo avrebbero appreso di lì a poco. Le condizioni di Edoardo, subito apparse gravi, ne suggeriscono il ricovero a Padova. La tac, effettuata al pronto soccorso, mostra una frattura all'occipite sinistro, sopra l'orecchio: bisogna operare per ridurre l'ematoma. Ed è dopo l'intervento d'urgenza che un medico dell'equipe parla con i genitori, stravolti dalla lunga attesa. «Erano le tre di notte prosegue Manuela . Il dottore ha pronunciato queste precise parole, che mi rimbombano in testa da due mesi e mezzo: colpo inferto dall'esterno in modo violentissimo. Ci ha poi detto che Edoardo aveva dalle 24 alle 36 ore di vita e ormai non c'era più nulla da fare». Il ragazzo è stato dichiarato morto la mattina del 24 febbraio: i suoi organi sono stati espiantati e donati.


L'INIZIATIVA


La giornata di ieri si è svolta in un clima sereno e gli studenti dell'Atestino hanno approfittato del sole per fare un po' di sport all'aperto. Tutto, o quasi, è stato organizzato dai quattro rappresentanti d'istituto, che hanno approntato un fitto calendario di attività ricreative e culturali. «Questo impegno non era scontato ha dichiarato il preside Alessandro Donà . Ho visto i ragazzi molto motivati e al contempo tranquilli. Dopo i momenti tenutisi in classe con la psicologa, noto che stanno elaborando il lutto. A quell'età sono piuttosto reattivi». La giornata è stata aperta dai saluti di Manuela ed Enrico, che ha trasmesso ai giovani i valori dello sport sano: «Edoardo giocava a basket, uno sport dove bisogna fare fatica, rispettare la disciplina, soffrire e allenarsi. È la metafora della vita, un viaggio meraviglioso e unico che ogni giorno ci insegna qualcosa. Usiamo il setaccio per mantenere nella nostra quotidianità le cose belle e lasciamo andare quelle brutte». Gli studenti impegnati nelle competizioni sportive sono stati 145: 7 squadre per il volley, 12 per il calcio e 5 per la pallacanestro. Tutto è andato per il meglio: mentre i ragazzi giocavano, i compagni sugli spalti o attorno al campo festeggiavano e li sostenevano, chi con grida di incitamento chi con qualche trombetta da stadio. A vigilare c'erano comunque i professori, che hanno coordinato dall'esterno tutte le attività. Tra i laboratori di approfondimento, si segnala una simulazione del processo penale incentrata sull'uso delle abilità oratorie e retoriche per argomentare le proprie tesi. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino