Nessuna visita "in nero": assolto da tutte le accuse il ginecologo Litta

Il medico Pietro Litta
PADOVA - L’impianto accusatorio si è sciolto come neve al sole. Ieri, davanti al Tribunale Collegiale di Padova, il pubblico ministero Silvia Golin aveva chiesto per...

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PADOVA - L’impianto accusatorio si è sciolto come neve al sole. Ieri, davanti al Tribunale Collegiale di Padova, il pubblico ministero Silvia Golin aveva chiesto per il luminare Pietro Salvatore Litta una condanna a cinque anni e sei mesi di reclusione. Ma il presidente Nicoletta De Nardus non l’ha pensata così ed ha assolto il ginecologo di fama internazionale da tutti i capi di imputazione con le formule “perché il fatto non sussiste” e “perché non costituisce reato”. Il professore, 71 anni il prossimo gennaio, originario di Carosino (Taranto) e residente in Sestiere Cannaregio a Venezia ma domiciliato a Padova in zona Arcella, era finito alla sbarra con le accuse di peculato e truffa aggravata ai danni dell’Ateneo e anche dell’Azienda ospedaliera dove effettuava le visite nella Clinica ginecologica e ostetrica.

Le indagini

Tutto era partito da un filmato trasmesso dal programma “Petrolio” in onda su Rai Uno. Nel video integrale ci sarebbe stata la prova del reato di peculato commesso dal professore. La giornalista Francesca Biagiotti, spacciandosi per una paziente, si era fatta visitare dal medico nella clinica “Città giardino” di Padova. È stata sottoposta a una ecografia e per la prestazione, in regime di intra moenia, aveva allungato alla segretaria del medico 250 euro in “nero”. L’episodio era accaduto il 13 novembre del 2017. Ma il fatto più grave contestato al ginecologo sarebbe però accaduto il 15 dicembre del 2016, nella Clinica ginecologica e ostetrica. Qui il medico avrebbe indicato all’Ospedale, falsificando il verbale, di avere effettuato su una sua paziente una mera visita specialistica quando invece la donna era stata sottoposta a una “isteroscopia diagnostica”. In sostanza avrebbe procurato alla paziente un ingiusto vantaggio, perché all’Azienda ospedaliera sarebbero stati corrisposti 230,19 euro anziché 500,19 euro come previsto dal tariffario. Ma c’è di più perché, ancora per l’accusa, il medico avrebbe effettuato almeno cinque visite, nei giorni del 19 giugno e 27 novembre del 2017, nella Clinica “Città giardino” durante orari nei quali avrebbe dovuto essere invece presente in Azienda ospedaliera.

La difesa

Durante il dibattimento l’avvocato del ginecologo, il professor Alberto Berardi, ha sottolineato ai giudici come la giornalista si era presentata sotto falso nome e per questo non è stato possibile rilasciarle una fattura. Non solo: si sarebbe comportata come un agente provocatore in forma privata di fatto commettendo un’azione illecita. E poi, ancora per la difesa, gli inquirenti hanno passato al setaccio l’intera contabilità del luminare senza trovare, negli anni, una sola visita medica non fatturata. Appare strano quindi, ha sottolineato infine il legale, come un professore capace di guadagnare una media di 400 mila euro all’anno, possa essersi “sporcato” le mani per sottrarre al fisco solo 250 euro. Dopo la lettura della sentenza Berardi ha così commentato: «Il processo è servito per dimostrare l’innocenza del mio assistito. Il professore ha svolto il suo lavoro anche oltre all’orario prestabilito di 76 ore al mese, toccando in media le 170 ore. E di questo abbiamo prodotto ampia documentazione. Il peculato era stato contestato per i 250 euro e la pubblica accusa solo per questo reato aveva chiesto una condanna a 4 anni e 6 mesi, ma il Tribunale lo ha assolto da tutti i capi di imputazione».

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Il Gazzettino