Funerali e fase 2, lo sfogo del vescovo Tessarollo

Il vescovo di Chioggia monsignor Adriano Tessarollo
«Tocca al sacerdote fare il guardiano sanitario di ogni persona?...

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«Tocca al sacerdote fare il guardiano sanitario di ogni persona? Magari chiedere anche il certificato per vedere se ha fatto il tampone?» Monsignor Adriano Tessarollo, vescovo di Chioggia, ancora una volta, ha parlato dal pulpito di facebook, mettendo in evidenza quelle che, a suo parere, sarebbero le eccessive precauzioni imposte dallo Stato per poter celebrare i funerali. Uno sfogo che, però, non si è tradotto in una sorta di “disobbedienza religiosa”, come si poteva pensare ad una prima lettura, ma in una posizione molto più elastica e possibilista. Tessarollo, in particolare, aveva puntato il dito contro la disposizione di misurare la temperatura ai partecipanti ai riti funebri (disposizione poi rientrata in serata), con la conseguenza di escludere dai medesimi chi avesse una temperatura superiore ai 37.5 gradi, sintomo di febbre e, quindi, di possibile contagio. Un adempimento che la Cei (Conferenza episcopale italiana) pone «all’attenzione» del sacerdote ma, ovviamente, su indicazione ricevuta dagli organi governativi e dopo aver posto più volte la questione.  Resta il fatto che le limitazioni previste (guanti e mascherine per tutti, distanza interpersonale, non più di 15 partecipanti e controllo della temperatura corporea) non sono facili da attuare, tanto più se si presume che sia il celebrante a farsi carico del controllo. Nella sua reprimenda monsignor Tessarollo osservava che «già ogni persona deve sapere che non può uscire se ha febbre! Chi passa per strada, accanto ad altri, va controllato con termoscanner?» e che a fronte di questa disparità di trattamento, tra chi accede alle funzioni religiose e chi no, occorreva dire alla gente «niente funerale in Chiesa, ci hanno gabbato. Abbiano il coraggio di dire alle persone che i loro morti se li portino dritti al cimitero». Per Tessarollo, a quel punto, l’unica cosa da fare era mantenere la sola benedizione della salma, davanti al cimitero, come si è fatto in questi due mesi «così toccherà al custode vigilare su chi, quanti e quali le condizioni di chi entra».  Il post del vescovo, pubblicato la sera del primo maggio, aveva suscitato reazioni contrastanti, tra chi vedeva, in queste disposizioni, il segno di un atteggiamento anticlericale e chi, invece, lo considerava un doveroso gesto di protezione per i partecipanti alla cerimonia e per lo stesso sacerdote. Ma qualcuno andava anche più in là, rimproverando alla Chiesa (e, implicitamente, a Papa Bergoglio), una certa sudditanza al potere temporale. Insomma, una questione ben più grossa dei termoscanner. Probabilmente per questo, quando il Gazzettino l’ha sentito al telefono, monsignor Tessarollo ha declinato l’invito a spiegare qualcosa di più. «Sono stanco – ha detto – ho parlato con tante persone e adesso sono impegnato in una videoconferenza». A spiegare, però, la linea ufficiale della diocesi di Chioggia, ci pensa il vicario generale, don Francesco Zenna. «Il vescovo ha scritto d’impeto, come è nel suo carattere, ma non è Facebook il testo a cui si deve fare riferimento», spiega. In serata, la nota della diocesi di Venezia chiariva che non c’è obbligo di termoscanner per partecipare alla funzione religiosa, anche se chi ha più di 37.5 di febbre sarà invitato a restare a casa. «Lunedì abbiamo un funerale a Sant’Andrea - conclude don Zenna - e per l’occasione, abbiamo comunque già recuperato un termoscanner. Un sacerdote ben difficilmente può lasciare una famiglia senza una celebrazione per un defunto». 

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Il Gazzettino