MESTRE - Botte e insulti perché troppo emancipata rispetto ai dettami dell'Islam. L'incubo è finito quando ha avuto il coraggio di chiamare la polizia,...
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LO SCENARIOGli agenti, una volta entrati, si sono trovati di fronte a una quotidianità di soprusi, angherie e percosse. La donna, di 32 anni, si era chiusa a chiave in camera per sfuggire all'ennesima aggressione gratuita e brutale. In braccio la sua piccolina che piangeva. Il marito, di sette anni più vecchio, si stava accanendo contro la porta per cercare di sfondarla del tutto incurante delle disperate grida di pietà della donna. Non è stato facile né semplice calmarlo. Alla fine l'uomo ha capito che era meglio se si dimostrava collaborativo e ha smesso di inveire contro la moglie. Viste le condizioni sia psichiche che fisiche di quest'ultima i poliziotti hanno chiesto al 118 di inviare un'ambulanza. Mamma e figlia sono state accompagnate al pronto soccorso: per la 32enne, sottoposta ad accertamenti, una prognosi di sette giorni a causa dei postumi di recenti traumi al capo e quindi dimessa e portata con la figlia in una casa accoglienza.
LE DICHIARAZIONISarebbe stata la stessa donna ad aver dichiarato che il marito la picchiava perché, secondo lui, non rispettava a sufficienza gli usi e i costumi del paese di nascita, in particolare per quanto riguardava l'abbigliamento e i precetti religiosi. Una situazione si sottomissione e sudditanza, indotta con la violenza, che si protraeva da tempo. Il 39enne, una volta accertate responsabilità e contesto, è stato denunciato per maltrattamenti e per lesioni personali.
Il PRECEDENTE
Il caso ne richiama un altro simile, già approdato in tribunale e che vede imputato un 28enne giordano residente nella periferia di Mestre, anche lui accusato di aver maltrattato la moglie, picchiandola e offendendola ripetutamente perché ritenuta una donna troppo libera e autonoma. La Procura ha chiesto la condanna a due anni di reclusione. I fatti risalgono al 2014 quando la coniuge ha lo ha denunciato dopo l'ennesima aggressione: il marito voleva che restasse sempre in casa per prendersi cura dei figli. La sentenza è fissata per il prossimo 3 giugno.
Monica Andolfatto Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino