"Margherita ... c'è ancora vita": il libro e la raccolta fondi per l'hospice

Marco Mion con la sua famiglia, la moglie e i quattro adorati figli tra cui Margherita scomparsa lo scorso anno a 18 anni: a lei è dedicato il libro “Margherita... c’è ancora vita”
"Non potendo vincere la lotta fisicamente, ha fatto vincere l’amore per la vita e per tutte le persone che hanno incrociato il suo cammino. Margherita ha iniziato a...

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"Non potendo vincere la lotta fisicamente, ha fatto vincere l’amore per la vita e per tutte le persone che hanno incrociato il suo cammino. Margherita ha iniziato a comportarsi così in particolare dopo essersi resa conto della gravità della sua malattia. Incoraggiava tutti. E ripeteva che lei era comunque una donna felice perché aveva una bella famiglia e delle belle persone attorno. Per questo abbiamo deciso di portare avanti la sua battaglia"». A parlare è Marco Mion, il papà di Margherita, la ragazza di Olmi mancata poco più di un anno fa, il 14 luglio del 2017, a soli 18 anni, a causa di un sarcoma di Ewing, una rara forma tumorale. In questo tempo la famiglia, il papà e la mamma Anna De Rossi, la sorella minore, Chiara, arrivata anche lei a 18 anni, e i due fratellini, Donato ed Elia di 14 e 13 anni, sono riusciti a trasformare quel tremendo dolore. Non è scomparso. Non se ne andrà mai. Ma è stato tramutato nella voglia di aiutare le persone che si ritrovano a dover accompagnare un figlio verso la fine della sua vita. È nato da qui il libro “Margherita...c’è ancora vita” scritto da Marco e curato da Chiara Marcon (già acquistabile sul sito internet Margheritamion.it). È il primo passo dell’omonima associazione, messa in piedi il 9 aprile dalla famiglia assieme ad alcuni amici. «L’obiettivo è raccogliere fondi per l’hospice pediatrico Casa del bambino di Padova e per l’unità di onco-ematologia pediatrica del Ca’ Foncello di Treviso - spiega Marco Mion, che è anche assessore al bilancio e allo sport a San Biagio - Cioè le due strutture in cui è stata assistita Margherita nella fase più dura della sua malattia».

 
Marco, come siete arrivati al libro?
«Vogliamo aiutare le famiglie che come la nostra affrontano un percorso di fine vita di un figlio e che nei momenti più difficili possono aver bisogno di aiuti anche piccoli ma veloci, concreti e immediati che tra le altre cose – Margherita ci ha portato a un livello superiore di consapevolezza. Trasformando il suo calvario in un percorso, ci ha fatto comprendere l’urgenza della vita. Adesso ci piace pensare che in qualche modo ci stia indicando una strada. Lei non c’è più, ma continua a lasciare il segno nelle nostre vite attraverso quello che stiamo facendo».
Su cosa vi siete concentrati?
«È una biografia scritta a più mani: dalla stessa Margherita, da me, dai familiari e dagli amici. Viene raccontata la storia di Margherita da più punti di vista. Compreso il suo, appunto. Il libro si apre con un tema che lei aveva fatto in terza elementare descrivendo il suo carattere. A questo sono stati aggiunti gli appunti sparsi che ha lasciato e i tanti messaggi vocali su WhatsApp, riorganizzati in modo organico, che ha inviato nel periodo della malattia. Non si affronta la questione sul piano medico. Il libro offre il punto di vista emozionale di una famiglia che ha attraversato un percorso difficile. A volte sembra un argomento tabù. Invece è utile parlarne».
Com’è nata l’idea di scriverlo?
«Da una proposta di Chiara Marcon, un’amica di famiglia che cura un sito di informazione in Svizzera e che ha fatto un gran lavoro. All’inizio mi sembrava una cosa complessa. Poi abbiamo cominciato a scrivere una sorta di memoria per fermare il momento. In modo da poter lasciare una testimonianza di quanto successo anche ai fratelli più piccoli di Margherita, che adesso hanno 14 e 13 anni, e che magari con il tempo potrebbero non ricordare certi momenti vissuti con lei. Così siamo partiti. Abbiamo coinvolto gli amici che hanno raccontato ricordi, storie e aneddoti belli e divertenti. Altri ci hanno aiutato con le spese. Ne è nata una testimonianza interessante. La nostra storia può essere presa come un esempio della voglia di affrontare la vita in un certo modo».
Con le vendite raccoglierete fondi per l’hospice pediatrico Casa del bambino di Padova e l’unità di onco-ematologia pediatrica del Ca’ Foncello.
«Io non sono uno scrittore. Non c’è alcuna idea di fare business. Intendiamo dare una mano a chi si trova ad affrontare quello che noi abbiamo già passato, la fine della vita di un figlio, attraversando le due strutture. Abbiamo già iniziato a dialogare in questo senso con l’ospedale di Treviso. E in ottobre inizieremo a farlo anche con l’hospice di Padova organizzando un regalo di compleanno per Margherita».
Che tipo di regalo sarà?
«Il 6 ottobre porteremo a San Biagio lo spettacolo teatrale “Tutta la vita che c’è”, della compagnia Officine, Arte e Teatro, che racconta diverse testimonianze di famiglie che come la nostra hanno vissuto per un periodo alla Casa del bambino di Padova. Margherita avrebbe compiuto vent’anni il 4 ottobre. Il nostro regalo di compleanno sarà lo spettacolo e la seguente donazione all’associazione L’isola che c’è, che sostiene appunto la Casa del bambino».
Queste iniziative aiutano a superare il dolore per la scomparsa di Margherita?

«Il dolore non va via. Il dolore per la perdita di un figlio non passa mai. Ma posso pensare che si trasformi. Abbiamo cercato di sviluppare qualcosa di positivo da una situazione negativa che ci ha colpito in modo drammatico: proviamo ad aiutare le altre famiglie che loro malgrado devono affrontare quello che noi abbiamo già passato. Questa è la trasformazione migliore».
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Il Gazzettino