Nonni risarciti per la morte del nipote anche se abitavano a 1500 km di distanza

Nonni risarciti per la morte del nipote anche se abitavano a 1500 ok di distanza
Anche per la Corte d’Appello di Venezia i nonni hanno diritto a essere risarciti per la morte del nipote in...

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Anche per la Corte d’Appello di Venezia i nonni hanno diritto a essere risarciti per la morte del nipote in un incidente, anche se all’epoca non abitavano sotto lo stesso tetto ma erano divisi da 1.500 km: la non-convivenza non può costituire a priori motivo d'impedimento, perché ciò che conta è il legame affettivo. La quarta sezione ha confermato la sentenza, una delle prime sul genere in Italia, emessa sul caso dal giudice del Tribunale veneziano Luca Trognacara il 10 ottobre 2017, e con essa la condanna della compagnia Zurich, che aveva appellato la decisione di primo grado, a risarcire i due anziani. Anche se nel frattempo la nonna è deceduta.


Il tragico sinistro è successo il 22 agosto 2011 a Mestre, in via Forte Marghera. Filippo Salamone, 23 anni, nato e vissuto a Palermo prima di trasferirsi nel Veneziano per lavoro, percorreva via Forte Marghera in scooter quando il conducente di una Golf, che procedeva nel senso opposto, verso il parco di San Giuliano, effettuando un'inversione di marcia ha girato a sinistra tagliandogli la strada: un impatto tremendo che non gli ha lasciato scampo.

I familiari, per ottenere giustizia, tramite la responsabile dei consulenti per i sinistri gravi, Daniela Vivian, si sono rivolti a Studio3A-Valore S.p.A., che, parallelamente al processo all'automobilista, si è attivata con la compagnia di assicurazione della vettura, Zurich Insurance Public Limited Company, chiedendo un giusto risarcimento per gli incalcolabili danni, in primis morali, patiti dai propri assistiti per la prematura perdita del loro caro. E ottenendolo. Pur non essendo in discussione dinamica e responsabilità del sinistro, e pur avendo risarcito in modo congruo i familiari “diretti”, però, la compagnia si è rifiutata di farlo con i due nonni di Filippo, che abitavano nel Palermitano (il nonno porta anche lo stesso nome), sostenendo la tesi che, nell'ambito del danno non patrimoniale da perdita del congiunto, il rapporto nonni-nipoti per essere rilevante andava ancorato al presupposto della convivenza.

Posizione che Studio 3A ha contestato ritenendola superata, dai tempi e dai recenti orientamenti della Cassazione, e obiettando che la convivenza non può avere un rilievo decisivo per escludere il pregiudizio subìto per la perdita di un congiunto, tanto più in presenza di circostanze che attestino l'esistenza e il perdurare di una concreta affettività del naturale vincolo tra nonno e nipote: nello specifico, era autenticamente profondo il legame tra Filippo e i due nonni che, abitando vicino alla casa dei suoi genitori, l’hanno visto nascere, nel vero senso della parola (erano anche in sala parto), e crescere mantenendo stretti rapporti con lui anche dopo il trasferimento a Venezia. Di qui la decisione, dinanzi al muro eretto dalla compagnia, di continuare la battaglia per il riconoscimento di un giusto diritto con una citazione in causa contro Zurich: scelta coerente e opportuna perché il giudice investito del caso, Luca Trognacara, della terza sezione civile del Tribunale di Venezia, ha dato ragione ai due ricorrenti riaffermando e rafforzando il più recente orientamento giurisprudenziale sul tema, “in base al quale - scriveva - è sicuramente ammissibile il titolo risarcitorio in capo ai nonni, a prescindere dal requisito della convivenza, in forza del combinato disposto del vincolo di sangue con il rapporto concretamente tenuto con il nipote, anche in supplenza dei genitori impegnati in attività lavorative e da cui è quindi derivato un intenso legame affettivo che si preserva anche nel passaggio dei discendenti all'età adulta e ad una vita autonoma”. 

Zurich era stata così condannata a risarcire anche i nonni con una cifra di circa 50mila euro, il doppio del valore base delle tabelle di riferimento in casi analoghi, riconoscendo in tal modo il principio di diritto fatto valere in giudizio, ossia la tutela dei rapporti familiari considerati nella loro integralità. La compagnia però ha appellato la sentenza, sostenendo che non sarebbe stato adeguatamente dimostrato il rapporto affettivo e di frequentazione tra nonni e nipote e che circostanze quali la loro presenza in sala parto al momento della nascita di Filippo erano irrilevanti, a fronte dell’assenza di convivenza. E contestando anche il “quantum” riconosciuto.

Ma la Corte d’Appello ha rigettato l’appello su tutta la linea. “Al contrario, proprio tali dati di fatto, unitamente alla vicinanza delle rispettive unità abitative, venuta meno solo nell’ultimo periodo a seguito del trasferimento di Filippo a Venezia, dimostravano l’esistenza di un intenso rapporto affettivo risultato evidente anche in sede di prova testimoniale e che prescindeva dalla coabitazione tra i soggetti”, scrivono i giudici nella sentenza del 21 aprile 2020, aggiungendo che “anche la frequentazione dei nonni ad opera del nipote continuativa e settimanale era un indice palese della sussistenza di un sano legame affettivo”.


La quarta sezione cita a sostegno due recenti sentenze in cui la Cassazione statuiva che, “in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione”, proposta “iure proprio” dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare l’effettività e consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e profondità, e ciò anche ove l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l'art. 29 Cost., all'ambito ristretto della sola “famiglia nucleare”, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto”. La Corte d’Appello di Venezia ha inoltre ritenuto del tutto “aderente alla situazione concreta” la liquidazione stabilita dal giudice di prime cure, confermando dunque in blocco la sua decisione e condannando Zurich, oltre al risarcimento, alla refusione di tutte le spese processuali dell’ulteriore grado di giudizio. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino