Camorra a Eraclea. L'ex sindaco Mestre deve stare in carcere

Mirco Mestre
ERACLEA - Ancora un «no». Sarà quindi ancora quello visibile da una cella del carcere di Tolmezzo, in provincia di Udine, l'orizzonte, ristretto, a...

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ERACLEA - Ancora un «no». Sarà quindi ancora quello visibile da una cella del carcere di Tolmezzo, in provincia di Udine, l'orizzonte, ristretto, a disposizione di Mirco Mestre, dal 21 marzo ex sindaco di Eraclea, arrestato il 19 febbraio con l'accusa di voto di scambio politico-mafioso nelle pieghe della grande retata con cui la procura antimafia di Venezia aveva sollevato il velo sui tentacoli allungati dalle cosche casalesi nel Veneto orientale. 

Nella tarda mattinata di ieri infatti il giudice per le indagini preliminari di Venezia, Marta Paccagnella, ha depositato il rigetto dell'istanza di scarcerazione presentata mercoledì scorso dall'avvocato Emanuele Fragasso, che per Mestre aveva chiesto i domiciliari. Una proposta su cui aveva storto il naso lo stesso sostituto procuratore Roberto Terzo, date le mezze ammissioni dell'ex sindaco che nel suo interrogatorio davanti al pm non aveva preso distanza  in maniera netta dal clan di Luciano Donadio, considerato il boss incontrastato del litorale. Per il gip Paccagnella, lo stesso giudice che aveva firmato la richiesta di custodia cautelare nei confronti di Mestre, esistono quindi ancora le esigenze cautelari.
Di fatto, quella di ieri (contro cui l'avvocato Fragasso sta già scrivendo il ricorso in Appello) è la seconda porta chiusa in faccia all'ex sindaco sulla strada della libertà. A metà marzo il tribunale del Riesame aveva respinto una prima richiesta di scarcerazione spiegando che Mirco Mestre non poteva non sapere che i voti con cui si era aggiudicato la contesa elettorale a Eraclea fossero quelli racimolati da Luciano Donadio. E non poteva non sapere che Luciano Donadio, non solo non era un nome sconosciuto alle forze dell'ordine, ma anche - soprattutto - non poteva ignorare che fosse il boss incontrastato di un sodalizio criminale partito da Casal di Principe, in provincia di Caserta, e radicato da anni sul litorale del Veneto Orientale, nello specifico, proprio ad Eraclea.
L'ACCUSASecondo la tesi disegnata dalla procura Antimafia di Venezia, ci sarebbe un legame inscindibile tra la vittoria alle urne dell'ex sindaco di Eraclea e Luciano Donadio. Compito del capo del sodalizio mafioso era quello di portare i voti necessari per l'elezione di Mestre che, una volta indossata la fascia tricolore, avrebbe - si legge nell'ordinanza - «rilasciato una procedura semplificata» per la realizzazione di un impianto a biogas a Stretti di Eraclea permettendo così a Donadio&Co. di eludere ogni tipo di controllo, frodare il fisco e spolpare gli istituti di credito che avrebbero finanziato il progetto da 1,3 milioni di euro. 

«Adesso vediamo un attimo, se la cosa...eh...te la facciamo passare», aveva risposto Mestre in una telefonata intercettata dalla Guardia di Finanza. Per l'accusa, una volta eletto, Mirco Mestre «avrebbe fatto tutto quanto nelle sue possibilità, nella sua veste di sindaco, per agevolare le richieste» di Donadio e soci. Che già il giorno dopo le votazioni erano partiti alla carica per ottenere la procedura da Mestre. Disposto, si legge, a offrire «un appoggio fondamentale al di fuori di ogni regola di buona amministrazione».
Nicola Munaro Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino