Mister Diadora ha poco più della metà degli anni della sua azienda che è nata nel 1948, prima fabbrica del Distretto della scarpa sportiva, anticipo del...
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Enrico Moretti Polegato, 37 anni a luglio, nato ad Asolo, è avvocato ma non ha mai esercitato, parla sei lingue e ne sta studiando altre due, ha preso in mano nel 2009 il più famoso marchio sportivo italiano che viveva momenti difficili.
Nel settore la Diadora è quella con più storia, lo si vede dalle teche del museo dove scarpe, scarpette, scarpini e scarponi, maglie e tute, ricostruiscono il passato dello sport: le scarpette di Baggio che sbagliò il rigore alla finale di Usa 94 e quelle di Totti campione del mondo a Berlino 2006; le scarpe di Borg imbattibile sull'erba e sulla terra rossa; gli scarpini di Mennea che volava sulla pista olimpica di Mosca 1980; il guanto che calzava i piedi di Moser nella conquista del record dell'ora a Città del Messico. Il sorriso triste di Senna. Tra una vecchia macchina che taglia le pelli che si misurano ancora alla anglosassone, perché detta legge la Borsa di Chicago. E la grossa macchina per cucire nera usata per rifinire il primo scarpone da montagna.
Si sente spesso chiedere quanto pesa un padre importante come il suo?
«È così per tutti, anche se dai e ridai spesso non sei quello della Diadora, ma resti il figlio di quello della Geox.
Cosa la differenzia dal padre?
«Mio padre Mario ha una determinazione fuori dal comune e sempre una chiara visione di dove vuole andare. E riesce a coniugarlo mettendoci passione e non freddezza. Lui l'impero lo gestisce, io lo sto costruendo, non mi è stato regalato e lo faccio con tutti gli strumenti che vivere nel 2018 mi offre. Lui resta figlio di un Nordest che emergeva, di imprenditori apripista in tutto il mondo».....
Il Gazzettino