La svolta di qualità della Docg: «Non chiamatelo più Prosecco»

La svolta di qualità della Docg: «Non chiamatelo più Prosecco»
Marcare la differenza. Mettere in bicchiere, oltre alla qualità, il concetto di fatica, sacrificio. Monetizzare l'immagine delle bollicine di collina anche sullo...

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Marcare la differenza. Mettere in bicchiere, oltre alla qualità, il concetto di fatica, sacrificio. Monetizzare l'immagine delle bollicine di collina anche sullo scaffale. Perché un Prosecco Docg dovrebbe costare  tra gli 8 e i 10 euro in cantina, sui 15 euro in enoteca e non meno di 18/20 euro al ristorante. Questa è oggi la grande sfida del Consorzio del Prosecco Superiore. Per creare coerenza tra territorio e prodotto. È difficile da dire, ma presto sarà necessario: non chiamatelo più prosecco.

«Il prosecco è il nostro passato, il prosecco superiore il nostro presente, il Conegliano Valdobbiadene il futuro», commenta il presidente Innocente Nardi. Il Superiore insomma è in cerca d'autore. Cresce la voglia di spiccare il volo, creare un solco tra la qualità del Prosecco Doc e la produzione d'altura. Vino di pendio e sacrificio, di vendemmie difficili, vino di qualità superiore, che amplia la forbice del prezzo. Le bollicine di collina, l'oro dei ciglioni Unesco, prodotto di fatica, piccoli appezzamenti e luoghi erti hanno scelto: è ora di mettere mano al vocabolario per continuare a rimanere se stessi. «Immaginiamo che in un decennio questo sparkling sarà conosciuto da tutti come Conegliano Valdobbiadene». Stop alla parola prosecco, che oggi appare nel 92% delle bottiglie? «Si. Perchè oggi il prosecco è un prodotto massificato. Il nostro è un bere differente».
Si avvicina la vendemmia sulle colline d'Alta Marca:  dalla terrazza di Ca' Del Poggio le prospettive sono quelle di un'annata di ottima qualità, che riporterà anche la produzione nei ranghi. «Vogliamo normalizzare il trend - ribadisce Nardi - per il primo anno abbiamo posto lo stoccaggio sulle quantità consentite». Il desiderio è quello di produrre meno, e far emergere l'eccellenza. Le previsioni per l'annata sono di oltre un milione di quintali, cifra che consente di rimanere nel range dei 90/100 milioni di bottiglie annue. «Non vogliamo produrre di più, ma valorizzare il meglio di questo territorio».
RIVA D'ECCELLENZA

Ecco dunque il concetto di Riva (43 aree di eccellenza dove il vino ha un nome, un cognome e un indirizzo), ecco la pratica del vino sui lieviti. Ecco per il primo anno lo stoccaggio: quantità consentita pari a 120 quintali per ettaro e 15 quintali posti in cambusa ed eventualmente sbloccabili in estate. E infine lo stop (salvo deroghe) ai vigneti. «Il termine posto è stato il 31 luglio - ha sottolineato Mario Silipo dell'ufficio vigilanza - oltre questa data è previsto il blocco a tutti gli impianti. Per ora la misura è biennale, l'intenzione è che diventi totale». Insomma circoscrivere, valorizzare. E vigilare sui dazi. «Abbiamo portato al tavolo del ministero dell'agricoltura le nostre preoccupazioni nei confronti delle politiche americane e inglesi - prosegue Silipo - è fondamentale per il made in Italy non aver limiti all'export». Con queste premesse, il mondo delle bollicine superiori si accinge alla vendemmia eroica: un ritardo di circa due settimane rispetto al 2018, una fascia (da Vidor a Follina) che ha perso fino al 40% a causa della grandinata del 26 aprile. La raccolta inizierà sui versanti maggiormente esposti al sole, come a San Pietro di Feletto, intorno al 14/15 settembre; 20 settembre a Refrontolo, Pieve di Soligo, Col San Martino, e verso la fine di settembre a Valdobbiadene. Il Cartizze verso il 20 settembre.
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Il Gazzettino