«Quando mia madre è salita da Catania sapeva a che rischio andava incontro a Cortina. Sapeva che forse le avrebbero amputato la gamba. Perché poi non lo...
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Sono le fasi finali del processo per la morte di Angela Bauso: ieri è stato il giorno delle richieste del pubblico ministero e delle arringhe degli avvocati nel processo che vede imputato Centofanti e il suo collega Cosimo Salfi (avvocato Massimilano Xaiz), 60enne, dirigente medico di ortopedia e traumatologia al San Martino, entrambi alla sbarra con l'accusa di omicidio colposo. L'inchiesta penale è nata dopo la morte della paziente arrivata dalla Sicilia al Codivilla Putti di Cortina, nell'estate del 2013 con un'infezione ossea che non si è più fermata, spirò il 27 agosto 2013, dopo un vero calvario tra Codivilla e Rianimazione di Belluno, passata anche attraverso un ricovero a Pieve di Cadore.
I figli della donna che sono parte civile nel processo, chiedono 1 milione 350 mila euro di risarcimento totale.
Al termine della sua requisitoria il pubblico ministero Sandra Rossi ha chiesto una condanna ad un anno di reclusione per i due imputati. Il legale di parte civile, Marcella Lo Giudice, ha spiegato come dalle consulenze sia stata: «Cristallizzata la colpa, per non aver amputato l'arto. L'amputazione era necessaria, i consulenti del pm lo hanno detto senza esitazione dicono che nel caso concreto la procedura conservativa non era andata a buon fine.
Nel corso dell'ultima udienza il legale del primario, l'avvocato Paolo Patelmo, ha anche sollevato una questione di legittimità costituzionale relativa all'assicurazione, oltre a chiedere l'assoluzione del suo assistito. Regolamento del tribunale (che chiude al pubblico alle 18) e conclusioni che hanno richiesto diverse ore di dibattito hanno costretto il magistrato Angela Feletto a rinviare per le repliche del pubblico ministero e quindi per la sentenza. Se ne riparlerà il 28 ottobre alle 14.
A seguire l'udienza ieri erano in aula i familiari della donna che dalle poltroncine del pubblico hanno ascoltato in silenzio i lavori. «Niente ci restituirà mia mamma - spiega Francesco - noi sappiamo che avrebbe fatto di tutto pur di star vicina a mio fratello gravemente malato e morto a venticinque anni. Avrebbe anche acconsentito all'amputazione se le veniva detto che non avrebbe avuto alcuna alternativa. Siamo una famiglia di operai. Abbiamo fiducia nella giustizia: non ci stupisce che sia stata chiesta la pena di un anno di reclusione».
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Il Gazzettino