Giù la serranda per il Centrale di Arten: «Caro bollette insostenibile: chiudo il bar e vado a lavorare in fabbrica»

Infranto il sogno di Katia Gelmini: chiude il bar e torna in fabbrica
FONZASO -  Per realizzare il sogno della sua vita, cioè gestire un bar in completa autonomia, aveva mollato il posto fisso in Luxottica. Era partita da zero, 5 anni...

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FONZASO -  Per realizzare il sogno della sua vita, cioè gestire un bar in completa autonomia, aveva mollato il posto fisso in Luxottica. Era partita da zero, 5 anni fa, nella consapevolezza che non sarebbe stato facile ma che, in fondo, avrebbe fatto ciò che amava. Quel sogno, ora, si è infranto e il bar “Centrale” di Arten, comune di Fonzaso, chiuderà i battenti il 30 aprile. Colpa del covid? Solo in parte. Il locale infatti stava per ripartire ma ha dovuto fare i conti – letteralmente – con le bollette salate degli ultimi mesi. Da qui la decisione di lasciare tutto. «Ho quattro figli – spiega Katia Gelmini – come faccio a mantenerli? Ho sentito che le fabbriche cercano personale e mi sono messa in gioco di nuovo. Spero mi tengano e vada tutto bene in modo che quando chiuderò sarò a posto». 



LA MAZZATA
Una decisione sofferta, ma necessaria. Da aprile 2021 ad oggi le bollette hanno avuto un salto senza precedenti e non le hanno lasciato alternative. La media mensile di circa 600 euro ha subito uno stravolgimento a gennaio quando Gelmini ha dovuto pagare 300 euro in più. Ma la mazzata è arriva questo mese: 1.255 euro. «I problemi sono cominciati con il primo lockdown – ricorda la donna di 38 anni, residente ad Arten – Avevamo qualcosa messo da parte e siamo andati avanti con i risparmi. Solo che li abbiamo utilizzati tutti». Erano stati tre mesi di chiusura forzata in cui i locali avevano dovuto lasciare a casa i dipendenti e metterli in cassa integrazione. «Ora è diventato impossibile – continua Katia Gelmini – non abbiamo più soldi messi da parte e ho dovuto trovare un altro lavoro. Potrei stare tutto il giorno al bar, ma ho 4 figli. Inoltre la gente non spende più come prima, le bollette si sono alzate ovunque, anche per il privato, e andare avanti non è più fattibile». 

I POSTI DI LAVORO
Al bar Centrale, oltre alla titolare, lavorano due persone in regime part-time e alcuni collaboratori a chiamata, in caso di emergenza o per coprire i fine settimana. Gelmini ricorda che i primi due anni erano stati «una favola», nonostante le difficoltà che incontra chi apre un’attività: «Avevo affrontato le spese del secondo anno senza problemi. Poi il covid ci ha trascinati per terra. Ora ci stavamo finalmente rialzando e le bollette ci hanno messo in ginocchio. So che queste cose non finiranno domani e che lo Stato non ci verrà incontro. Ristori? Poco e niente, comunque non abbastanza».

IL SOGNO INFRANTO

Dalla fabbrica alla fabbrica. Katia Gelmini ha lavorato in Luxottica per 16 anni. Poi ha mollato tutto per inseguire il suo sogno e ora si trova a dover fare un passo indietro, anzi 5, quanto gli anni in cui ha vissuto la sua favola. La data di chiusura è già stata fissata: 30 aprile. Nel frattempo, la 38enne di Arten ha già trovato un altro lavoro e si divide tra bar e fabbrica. «I clienti sono dispiaciuti – racconta – Ho la fortuna di essere del paese quindi ci vediamo. Hanno provato a dirmi di resistere ma la situazione è insostenibile. Dovrei stare al bar dalla mattina alla sera: come faccio a stare dietro ai miei figli?». Gelmini ne ha quattro, tutti minorenni: «Con queste bollette non si può andare avanti. Tanto vale tornare in fabbrica, è un lavoro meno gratificante ma almeno mi porto a casa uno stipendio. Sono mesi che non so cosa significa averne uno. Quindi capisco i giovani che non vogliono andare a lavorare in un locale. È normale». C’è però una punta di malinconia nelle sue parole. «Era il mio sogno – conclude Katia Gelmini – Avevo trovato un locale vicino a casa come volevo e sono arrivata a questo punto trascinandomi. Il lockdown ci ha fatto mangiare tutti i nostri risparmi e ora non riesco a sostenere le bollette. O ti indebiti… o ti fermi. Il mio sogno, per quanto mi sia sentita realizzata, finisce qui».  Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino