Muore di anoressia a 35 anni. Ma l'amico 80enne non la dimentica

in foto frame dal film "To the Bone" (Fino all’osso), scritto e diretto da Marti Noxon
VENEZIA - È la storia di un'amicizia nata tra i letti di un ospedale - il Civile - tra un 80enne che vive nel Bellunese e una veneziana di 35 anni, malata e morta di...

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VENEZIA - È la storia di un'amicizia nata tra i letti di un ospedale - il Civile - tra un 80enne che vive nel Bellunese e una veneziana di 35 anni, malata e morta di anoressia (in foto frame dal film "To the Bone" (Fino all’osso), scritto e diretto da Marti Noxon). Una storia fatta di messaggi, confidenze, empatia terminata in modo tragico. Lei è spirata nei giorni scorsi, nel suo letto d'ospedale, dove ormai si trovava da mesi, consumata da un male arrivato all'ultimo stadio. Lui dopo averla cercata per giorni, non sentendola più al telefono, ha scoperto la verità ed è tornato a Venezia per un ultimo saluto, in obitorio. Ora in una lettera vuole ricordare questa «ragazza straordinaria, costretta ad entrare ed uscire dall'ospedale di Venezia». Alle spalle aveva una storia familiare difficile. E di fatto viveva per mesi in ospedale. «Era bellissima, molto colta e tanto sensibile da non poter fare a meno di  interessarmi, di concerto con mia moglie, delle sue condizioni di salute, anche allo scopo di non farla sentire sola, vista la sua precaria situazione familiare» scrive l'anziano.

Si erano conosciuti perché lui era andato a trovare un'amica, ricoverata nello stesso reparto. Aveva trovato una persona sola, costretta dalla malattia in un letto d'ospedale. Nacque un'amicizia fatta di racconti, sfoghi, scambi di storie, telefonate. Infine, l'ennesimo messaggio sul cellulare, con gli auguri di Natale di lei. Poi il silenzio. «Per due giorni - scrive ancora l'anziano - ho cercato di mettermi invano in contatto telefonico con questa ragazza che, improvvisamente non ha più risposto né al telefono né ai miei messaggi».
La ragione era la morte della donna. Un epilogo doloroso, che ha spinto l'uomo a tornare al Civile per un'ultima visita. «Così vengo a Venezia - prosegue il racconto - e alle 12.30, ad obitorio già chiuso alle 12, mi aprono lo stesso la cella frigorifera e, riconoscendo la ragazza, non riesco a dire ciò che ho provato vedendo, per la prima volta in vita mia a 80 anni suonati, estrarre da un frigorifero, da parte dell'operatore sanitario dell'obitorio, una giovanissima creatura di cui mi pareva di sentire ancora la voce». 

L'ultima considerazione dell'uomo è sulla solitudine a cui la nostra società condanna tante persone più sensibili. «Le confidenze fattemi dalla ragazza sono state tante, ma penso che ci siano persone deboli ed indifese di cui questa nostra precaria società finge di non accorgersi».
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Il Gazzettino