Anna, donatrice di midollo a 24 anni: «É una cosa che ti segna dentro»

Anna, donatrice di midollo a 24 anni: «É una cosa che ti segna dentro»
ALLEGHE - Anna, 24 anni appena compiuti, donatrice di midollo. Poco più che ragazzina con una sensibilità e un'umiltà maiuscole. Ha sfidato anche la sua...

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ALLEGHE - Anna, 24 anni appena compiuti, donatrice di midollo. Poco più che ragazzina con una sensibilità e un'umiltà maiuscole. Ha sfidato anche la sua timidezza per raccontare la propria esperienza, domenica, ai donatori del sangue di Alleghe riuniti in assemblea. «C'è ancora molta disinformazione sulla donazione e sulle contro indicazioni - afferma Anna Levis - per questo è importante il racconto dell'esperienza: io sono sempre stata bene, prima, durante e dopo la donazione e somministrazione del farmaco fattore di crescita». Il momento che ha contribuito a rendere ancora migliore Anna risale a un anno fa. «Un prelievo di sangue periferico, con tempi più lunghi rispetto a una donazione normale - continua la giovane -; nei 5 giorni precedenti la donazione ho assunto un farmaco che ha la proprietà di rendere più rapida la crescita delle cellule staminali. Il quinto giorno ho fatto la donazione».

Il sangue prelevato da un braccio, la forza della centrifuga che scinde la componente cellulare utile al trapianto, la raccolta in una sacca e due vite che cambiano, quella del ricevente e quella della stessa Anna. «È molto difficile da raccontare quello che mi è successo perché è un qualcosa che ti segna dentro».

La donatrice di Alleghe ha voluto spiegare anche il cammino verso la donazione, dalla prima chiamata al centro trasfusionale di Belluno in quell'ultimo dell'anno che non dimenticherà più. «Alle 19 dal Centro trasfusionale di Belluno mi comunicavano la mia compatibilità con un'altra persona e che avrei fatto la donazione». Dalla chiamata alla donazione il passo è stato breve, dai carteggi a Verona fino al consenso alla donazione. «Le sensazioni che provi sono indescrivibili - sottolinea - perché puoi salvare la vita a una persona e nessuno oltre a te può farlo. Sono stata accolta a Belluno e a Verona come una regina e ho capito l'importanza di quello che stavo per fare. Un ragazzo aveva bisogno di me e senza di me poteva morire, non si tratta di salvare la vita solo a lui ma la puoi salvare a un padre, a un figlio, a un amico, a un marito e io ho potuto fare questo (o almeno spero di averlo fatto) senza che a me venisse chiesto niente, se non un prelievo di sangue». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino