Profughi, per la Ue una partita decisiva per la sua ragion d’essere

Profughi, per la Ue una partita decisiva per la sua ragion d’essere
Egregio direttore, la signora Angela Merkel vuole che gli immigrati vengano identificati appena sbarcati. Naturalmente ciò a carico di Grecia ed Italia dove avvengono gli arrivi...

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Egregio direttore,

la signora Angela Merkel vuole che gli immigrati vengano identificati appena sbarcati. Naturalmente ciò a carico di Grecia ed Italia dove avvengono gli arrivi via mare. Io aggiungerei qualcosa a quanto detto da frau Merkel e cioè che gli immigrati intercettati dalle navi, che ormai fanno servizio di linea, debbano essere identificati prima di farli salire a bordo delle navi accoglienti. Chi possiede un documento d’identità attestante la provenienza da un paese in guerra venga accolto, tutti gli altri, che risulteranno certamente la maggioranza, rimangano sulla loro imbarcazione, naturalmente garantendo loro un ritorno sicuro accompagnandoli al luogo di partenza. Questo deve essere fatto da tutte le nazioni aderenti alla Ue, nessuna esclusa. Si obietterà certamente che questa mia proposta è irrealizzabile perchè contraria ad una pletora di leggi internazionali che vietano di fare ciò. Ebbene ignoriamo queste leggi scritte in altri tempi e che oggi risultano anacronistiche di fronte a sconvolgimenti cui stiamo giornalmente assistendo.




Germano Antonello

Treviso




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Caro lettore,

qualche giorno fa Angela Merkel ha detto di essere più preoccupata dall'emergenza profughi che dalla crisi economica. Un'affermazione importante e significativa a cui però finora non hanno fatto seguito iniziative e comportamenti coerenti e di adeguata efficacia.

Anche il vertice con Hollande ha seguito uno schema già noto e prodotto risultati non molto diversi da quelli di incontri precedenti: molte dichiarazioni di principio ad uso interno, richiami ad altri paesi (Italia e Grecia, in questo caso) e appelli alla comunità internazionale. Nella realtà dei fatti, poco o nulla. Di fronte a un evento epocale come quello che stiamo vivendo, con l'arrivo di centinaia di migliaia di cittadini africani via mare e via terra, l'Europa mostra ancora una volta tutta la sua incapacità di reagire, di mettere in campo una strategia e una politica per far fronte a quella che, a tutti gli effetti, è un'invasione. Italia e Grecia devono dotarsi di centri per l'identificazione dei profughi? Ma poi una volta che li abbiamo identificati che ne facciamo? Dove vanno a vivere e lavorare? E se non hanno diritto allo status di rifugiati, come ci comportiamo? Li rimandiamo nei loro paesi? E come e a spese di chi?


Sono tutte risposte che non competono solo all'Italia, alla Grecia o agli altri paesi in prima linea, ma all'Europa tutta. Che invece latita, balbetta, appare indecisa e irrisoluta. Senza capire che questa partita è decisiva non solo per il suo presente ma anche per il suo futuro. Un'Europa che non sa affrontare la grande questione dei flussi migratori, che non si dota di una strategia di largo respiro che preveda anche interventi e investimenti nei paesi di provenienza dei profughi, è un'Unione che rischia di smarrire la sua ragion d'essere. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino