Insulti e offese social, quei leoni delle tastiere che invece di capire vogliono solo colpire

Insulti e offese social, quei leoni delle tastiere che invece di capire vogliono solo colpire
Gentile Direttore,  ritenendoLa del tutto estraneo alla vicenda, Le scrivo in relazione alla gondola ornata con simboli...

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Gentile Direttore, 

ritenendoLa del tutto estraneo alla vicenda, Le scrivo in relazione alla gondola ornata con simboli fascisti di cui ha parlato ieri il suo giornale nell'edizione di Venezia e ai numerosissimi commenti apparsi sul post de Il Gazzettino. Non voglio dilungarmi sulla qualità dei commenti stessi, ma mi consenta di soffermarmi su una situazione personale. 
Avendo io, ritenuto opportuno sottolineare che le persone almeno si informassero e ricordare che mio padre aveva partecipato alla Resistenza, mi sono vista rispondere da una signora (Debora Castello - Vicenza - classe 1983) che per quel motivo io sono figlia di un assassino. Testuale. La memoria di mio padre, Francesco Semi, è ancora viva in Venezia. Fu fra l'altro fu il primo direttore del Suo giornale, nel 1945. E - sono in possesso del verbale - in qualità di componente del Comando Piazza riuscì a salvare la città da rappresaglie tedesche. 
Questi i fatti. Definire mio padre assassino e me figlia di assassino mi sembra superi qualsiasi limite. La autorizzo a pubblicare questo mio sfogo, autorizzandola pure a citare il nome di quella signora.
Maria Luisa Semi
Venezia

Cara signora, 

comprendo perfettamente il suo stato d'animo. E, per quanto possibile, la prego di accettare le nostre scuse. Purtroppo siamo circondati da persone che, sentendosi protette dalla mediazione e dall'anonimato della Rete, si scatenano, insultando, offendendo e discreditando fino ad umiliare altre persone. Anche per noi controllarli, frenarli ed eventualmente bloccarli è difficile, quasi impossibile. Li chiamano i leoni della Rete. Uomini e donne che, dietro lo schermo di un computer si esibiscono nell'arena dei social, sfogando le loro frustrazioni ed esalando tutta la loro aggressività. Senza freni e senza alcuna forma di rispetto. Lo fanno per affermare se stessi più che le loro convinzioni. Nella realtà più che leoni sono pecorelle smarrite. Che hanno sostituito la volontà di capire con la volontà di colpire. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino