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Due nuovi studi sulla definizione e classificazione dello scompenso cardiaco, pubblicati sulle riviste «Progress in Cardiov Medicine» ed «Esc Heart Failure», hanno visto protagonista l'Uosa Malattie Cardiovascolari dell'Azienda ospedaliero-universitaria senese, diretta dal professor Alberto Palazzuoli, afferente al Dipartimento di Scienze Mediche, diretto dal professor Bruno Frediani. Nello scorso mese sulla più importante rivista europea di Cardiologia («European Heart Journal») è stata pubblicata la nuova definizione dello scompenso cardiaco universalmente condivisa dalle società Europea ed Americana di Cardiologia. Tale classificazione prevede la contemporanea presenza di un'alterazione della funzione cardiaca associata ad un'alterazione di alcuni biomarcatori espressi dal muscolo cardiaco, meglio noti come peptidi natriuretici. «All'interno di questa classificazione - spiega il professor Palazzuoli - è stata sottolineata l'importanza di dividere la malattia in due grandi sottotipi in relazione alla presenza o meno di un'alterazione della funzione contrattile, che in cardiologia viene calcolata in maniera non invasiva attraverso la misurazione della frazione di eiezione».
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Con l'obiettivo di definire in modo migliore i pazienti affetti da scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata, la Società Italiana di Cardiologia ha pubblicato uno studio coordinato dallo stesso professor Palazzuoli sulla rivista «Progress in Cardiov Medicine», che ha descritto in modo dettagliato le caratteristiche cliniche e le alterazioni morfo-funzionali che caratterizzano questa sindrome. «In questo lavoro - prosegue il direttore di Malattie Cardiovascolari - abbiamo analizzato le caratteristiche e le peculiarità che distinguono lo scompenso con funzione sistolica preservata rispetto allo scompenso con funzione ridotta.
L'ANALISI Svegliarsi spesso durante il sonno può aumentare il rischio cardiaco.
«Emerge quindi - conclude Palazzuoli - come una valutazione multi-comprensiva con un check-up clinico presso un ambulatorio dedicato per lo scompenso cardiaco, una dettagliata analisi del profilo di rischio ed uno studio mirato della performance cardiaca, associati alla misurazione di alcuni biomarcatori di laboratorio indicativi di un danno cardiaco, possano intercettare questa sindrome in una fase iniziale evitando il progressivo deterioramento, con inevitabile ripercussione sulla prognosi».
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