«Sapevamo che il nostro era il primo caso, però non pensavamo di dover aspettare così tanto tempo. Ci siamo fatti forza e alla fine ce l'abbiamo...
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I due, ha spiegato il legale, quando iniziarono a desiderare con forza di conoscersi di persona, vennero a sapere da un avvocato pachistano che nel paese asiatico la legge prevede anche il matrimonio telematico o telefonico. Prepararono dunque la documentazione, che si scambiarono per posta: lei firmò le carte davanti ad un notaio, gli atti furono inviati in Pakistan dove il fidanzato, che lavorava nell'ambito della fotografia e ora ha iniziato a studiare l'italiano, li controfirmò. Davanti ad un pubblico ufficiale locale e collegato via web, ribadì dunque il consenso e la stessa cosa fece lei. Ma i problemi cominciarono col rifiuto del Comune di San Giovanni in Persiceto e iniziarono i ricorsi che hanno portato alla decisione della Suprema Corte.
Parallelamente è stato avviato anche il giudizio sul diritto da parte della sposa di chiamare a sé il coniuge. È una storia, ha detto l'avvocato Mellone, «di grandissima e incredibile forza d'animo e di volontà di essere assieme».
Il Gazzettino