Giovanni Tria ne aveva parlato qualche giorno fa. «Siamo allo stadio avanzato di un piano che semplifichi l'imposta sul reddito personale, riducendo la pressione sulla...
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IL MECCANISMO
Ma l'altra cosa che trapela è che questo progetto avrebbe come presupposto anche il riassorbimento degli 80 euro del bonus Renzi, che verrebbe trasformato da un credito di imposta, dunque una voce che aumenta la spesa pubblica, in una detrazione, che invce riduce la pressione fiscale. Il vincolo di questa trasformazione è fare in modo che però nessuno sia penalizzato dal nuovo meccanismo. Un postulato, tuttavia, difficile da rispettare senza aumentare le risorse. I 9,5 miliardi della trasformazione del bonus in detrazione, insomma, potrebbero non essere sufficienti a garantire l'obiettivo. Senza conoscere i dettagli della proposta, difficile comunque, quantificarne i costi. Ogni punto di riduzione della prima aliquota Irpef, quella del 23%, costa 4 miliardi di euro. Ogni punto di riduzione dell'aliquota al 38% costa circa 1 miliardo di euro. Nella passata legislatura l'allora vice ministro all'Economia, Enrico Zanetti, aveva messo a punto un progetto per una flat tax della classe media. Un progetto che prevedeva una sola aliquota, il 27%, per i redditi da 15 a 75 mila euro e che avrebbe avuto un costo di 12 miliardi, tenendo però fermo il bonus 80 euro di Renzi. Tria avrebbe potuto finanziare il suo progetto sull'Irpef con i tagli selettivi dell'Iva che, però, sono stati eliminati dal tavolo per la netta contrarietà dei due vice premier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio. L'altra questione, non secondaria, è come si incastra l'eventuale taglio dell'Irpef di Tria, con il progetto della flat tax leghista. Nel vertice che Matteo Salvini ha convocato ieri con i sottosegretari e i vice ministri economici, si è parlato anche della tassa piatta. La Lega ha ormai chiaro il suo cronoprogramma. Per il 2019 si partirà soltanto con la flat tax al 15% per le partite Iva e i professionisti che fatturano fino a 65 mila euro. Una misura che necessita per il primo anno di coperture limitate e alla quale sarà affiancata la riduzione dell'Ires al 15% per le imprese che reinvestono gli utili.
I NODI DA SCIOGLIERE
Dal 2020 si passerà alle misure sull'Irpef rispettando il contratto di governo firmato con i pentastellati. Le aliquote dovranno essere due: il 15% per chi guadagna fino a 100 mila euro, il 20% oltre. Lo stesso Salvini, nei giorni scorsi, aveva bocciato l'ipotesi di ridurre il solo primo scaglione dell'Irpef dal 23% al 22%, perché avrebbe portato ad un risparmio medio di imposta per i contribuenti di 150 euro l'anno, poco più di 12 euro al mese. Un'elemosina che, comunque, sarebbe costata 4 miliardi di euro alle casse dello Stato. Salvini, dunque, aveva chiesto ai suoi di eliminare dal possibile menù della manovra la proposta, preferendo altre misure con un impatto maggiore, come la riforma della legge Fornero con la sostituzione del ritiro a 67 anni con quota 100 come somma tra contributi ed età, con una soglia minima di 62 anni.
Difficile, insomma, che il leader leghista possa farsi scavalcare da Tria sul taglio delle tasse, soprattutto se la contropartita dovesse essere la rinuncia a qualche altra misura simbolo, proprio come la Fornero o il taglio delle accise sulla benzina. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino