Conte alla Camera tra gaffe, urla e fogli sparsi: la bonaccia è già finita

Parte a Montecitorio il treno del governo, ma nella bolgia. Altro che fair-play, come quello che s’è visto l’altro giorno in Senato. Altro che Grande bonaccia...

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Parte a Montecitorio il treno del governo, ma nella bolgia. Altro che fair-play, come quello che s’è visto l’altro giorno in Senato. Altro che Grande bonaccia delle Antille - l’immagine, anno ‘57, è di Italo Calvino che accusava di immobilismo il Pci - intorno all’esecutivo giallo-verde forte della debolezza di tutti gli altri. Che ovviamente c’è, ma mascherata da muscolarismo. Al punto che il capogruppo dem Delrio - spesso soprannominato, ma stavolta no, padre Graziano per la bonomia catto-comunista che emana - grida in aula all’esterrefatto Conte: «Lei dice di parlare in nome del popolo, ma tutte le dittature sono cominciate in nome del popolo. E in nome del popolo, nel nostro Paese, sono stati anche compiuti genocidi!». Un po’ forte, in effetti. E si scatenano i grillini e leghisti: «Questo è pazzo, portatelo via». E lui: «I deputati che stanno rumoreggiando la storia non la conoscono».


Il presidente Fico cerca di calmare le cose e dopo il premier Conte lo ringrazierà. Intanto, però, proprio il capo del governo, sempre scortato da Di Maio, mentre Salvini sta poco in aula e poi va in giro per comizi, incappa in una clamorosa gaffe. Lamenta le offese sui social network al fratello del presidente della Repubblica, ucciso dalla mafia nel 1980, ma non lo chiama con il suo nome e si limita a definirlo «congiunto» del Capo dello Stato. Piovono fischi e strepiti dai banchi del Pd: «Abbi rispettoooo!!!». Poi, ecco Delrio: «Si chiamava Piersanti, era suo fratello. Piersanti Mattarella. Ma come si fa a dire “congiunto”!». Urla di tutti contro tutti. Conte cerca di scusarsi. Annaspa. 

APPUNTI
Per di più si è imbrogliato con gli appunti del discorso, gli cadono i fogli, Di Maio li riordina, e l’insieme della replica del premier vive questa difficoltà del caos carte fin dall’inizio. Si accende la lucetta rossa del microfono, Conte non è pronto, Di Maio gli dice: «Comincia a parlare, i fogli te li trovo io, enuncia i temi intanto». 
Vige il disordine, insomma, in questa giornata parlamentare. I grillini, con il capogruppo D’Uva, prendono però le sue difese contro il Pd che attacca: «Non strumentalizzate le vittime della mafia». Tra l’altro proprio D’Uva, messinese, ha avuto uno zio, avvocato, ucciso nel suo studio dai mafiosi. L’aula è un campo di battaglia, in cui la sproporzione delle forze è impressionante.
 
I grillo-leghisti la occupano quasi tutta. Pd e Forza Italia sono striscioline somiglianti a barricate. E l’«opposizione responsabile» s’infrange subito sulla strapotenza degli avversari. Più volte Fico cerca di placare gli animi. E a un certo punto battibecca con il dem Fiano. Quanto Conte parla di «conflitto d’interessi» e dai banchi del Pd parte il grido: «E quello della Casalegglio Associati!?». Conte: «Le vostre interruzioni dimostrano che ognuno qui dentro ha il suo conflitto d’interessi». Fiano s’inalbera: «Questo è il Parlamento, va rispettato!». Altra bagarre quando Conte, dopo aver detto di esser stato «frainteso» a proposito del conflitto d’interessi, annuncia: «Questo governo rispetta non solo il Contratto ma anche la Costituzione». Lesa maestà alla Carta, è l’accusa che gli tirano addosso. E ancora Delrio, scatenato (prova da leader di partito al posto di Renzi?): «Studi la Costituzione e non sia un pupazzo!». 

IL TRENO

In realtà sono tutti contenti - anche le opposizioni in crisi nera dopo il 4 marzo - che questo governo sia partito. Se non altro perché è un treno che può prolungare la legislatura, e ognuno si tiene il suo posto. Il che non significa però che il tasso di tensione e di litigio non sia alto. Conte dice che taluni fanno «garantismo a corrente alternata», e esplode Giachetti, Pd, garantista doc: «Non è vero!». I grillini lo zittiscono. E siamo solo all’antipasto della legislatura. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino