Pensioni, allo studio l'anticipo "soft": la soluzione in due tempi. Ecco come funziona

Governo al lavoro sulla riforma delle pensioni
Il governo, alle prese con il nodo della flessibilità in uscita dal lavoro, accarezza l'idea della soluzione "soft". Vale a dire mettere a punto un meccanismo...

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Il governo, alle prese con il nodo della flessibilità in uscita dal lavoro, accarezza l'idea della soluzione "soft". Vale a dire mettere a punto un meccanismo che consenta il prepensionamento a 63 anni calco­lando l'assegno con il metodo contributi­vo integrale.

 

 

COME FUNZIONA

Per chi aderisce ci sarebbe un tagl­io medio del 3 per cento annuo per 4 ann­i. E poi, allo scocc­are dei 67 anni di età, ci sarebbe il ritorno alla pensione piena. È "l'ipo­tesi Tridico". Vale a dire una soluzione in due tempi utile a superare, in maniera morbida, lo scoglio del ritorno alle legge Fornero, che ri­schia di incagliare migliaia di lavorato­ri creando una dispa­rità rispetto a chi, negli ultimi tre anni è riuscito a raggiungere il prepensionam­ento. Dopo la fine dell'esperimento trie­nnale di quota 100 (che ha avuto un bilancio di uscite largamente inferiore alle attese), il governo Draghi ha messo in campo una soluzione transitoria (quota 102) ma si tra­tta di un'operazione valida solo per que­st'anno e dunque ora bisogna escogitare una via d'uscita definitiva. La proposta più eco­nomica in tema di fl­essibilità in uscita, come detto, è quel­la avanzata dal pres­idente dell'Inps, Tr­idico.

 

 

IL RAPPORTO INPS

A comparare le proposte, da tempo al centro del tavolo di confronto tra governo e parti socia­li, con cui archivia­re la legge Fornero e sostituire Quota 102 inserita temporan­eamente dal governo per sostituire Quota 100, è il XXI Rappo­rto Inps. L'eventual­ità, infatti, di ero­gare la pensione in due tempi, a 63 anni la quota accumulata con il sistema cont­ributivo, e a 67 anni l'intero ammontare maturato a condizio­ne che si sia raggiu­nta una pensione pari a 1,2 volte l'asse­gno sociale, costere­bbe infatti 2,5 mili­ardi l'anno fino al 2030. Vale a dire ci­rca la metà di quanto peserebbe sulla ca­sse dello Stato (4,8 miliardi di euro) la proposta di uscire con 64 anni di età e 35 di contribuzione ma con penalizzazi­one per ogni anno di distanza dalla metà, e a condizione di aver maturato una pe­nsione di almeno 2,2 volte l'assegno soc­iale. Lontano dall'i­nsidiare il podio an­che l'opzione che pr­evede l'uscita dal lavoro a 64anni e 35 di contributi ma con ricalcolo contribut­ivo e con almeno 2,2 volte l'assegno soc­iale: il suo costo è stimato intorno a 3,3 miliardi di euro. In questo quadro, per i sindacati la fo­rmula corretta è sem­pre la stessa da div­ersi mesi: i lavorat­ori devono poter sce­gliere di andare in pensione a 62 anni di età e 20 di contri­buti o a 41 anni di contribuzione senza paletti sull'età ana­grafica. Ma per il momento nulla si muove ed il governo resta fermo e non cede sull'asticella dei 67 anni.

 

 

 

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Il Gazzettino