Autosabotaggio, o, con anglicismo, auto-handicapparsi (self-handicapping): oggi più di ieri pratichiamo con un certo zelo comportamenti di fatto autodistruttivi, che ci...
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Spesso l'autosabotaggio peggiora i disturbi dell'attenzione e della concentrazione, minando la capacità di apprendere, fin dai primi anni di scuola. Ed è favorito e consolidato da due pensieri validanti altrettanto pericolosi: «Si vede che doveva succedere!», dove diamo all'errore un valore cosmico-esistenziale, come se fosse intervenuta una volontà superiore; e il «Poverino/a, non è colpa sua», dell'insegnante, degli amici, degli allenatori, validazione negativa in cui purtroppo eccellono troppi genitori d'oggi.
Qualcuno inciampa nell'autosabotaggio e nell'autolesionismo saltuariamente. Molti lo fanno d'abitudine. I giovani che già hanno praticato il self-handicapping confluiscono poi nel grande gruppo di coloro che non studiano, non seguono corsi di formazione e non lavorano, i cosiddetti Neet (Not engaged in education, employment or training). Sono più di due milioni, in Italia.
Come salvarsi da se stessi e dalla propria autodistruttività, più o meno consapevole? Ecco il primo punto: fare un bell'esame di coscienza per capire se stiamo diventando degli autosabotatori. Basta riconsiderare quante volte abbiamo fallito un obiettivo, o abbiamo reso al di sotto delle aspettative e delle possibilità, o ci siamo messi da soli in condizioni molto difficili. E i genitori dovrebbero drizzare le antenne, invece di inserire il disco del poverino, vittima degli insegnanti incapaci.
Secondo, cogliere i segni: la facilità a distrarsi, spesso figlia degenere del fare molte cose contemporaneamente (multitasking), è una causa potente di autolesionismo. Se stai studiando, stacca il cellulare e non navigare su Internet se non per approfondimenti attinenti a quello che stai studiando. Metodo e disciplina sono sicuri alleati delle performance di alto livello nello sport come nella vita.
Terzo: bisogna imparare ad ascoltare e superare le emozioni negative rabbia, irritazione, umiliazione, vergogna che ci assalgono di fronte a un fallimento. D'altra parte, solo se ci assumiamo la nostra responsabilità e comprendiamo le ragioni dell'errore, potremo evitare di ripeterlo.
Quarto: quando si riesce a organizzarsi bene, preparandosi accuratamente, per un obiettivo prioritario che soddisfi, e si ottiene il risultato desiderato con le proprie forze e capacità, è giusto premiarsi e fare di quell'esperienza il paradigma per ripartire con un comportamento più sano e funzionale all'autorealizzazione.
Quinto, e indispensabile per genitori e insegnanti, è essenziale rieducare i nostri figli e allievi (ma anche noi stessi, se siamo degli autosabotatori seriali) ad adottare una sana routine, con metodo e disciplina, per riuscire a realizzare i nostri progetti. Una bella sfida, davvero. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino