La direttrice scolastica del Veneto: «Studenti no vax, limitata la disparità di trattamento»

Venerdì 7 Gennaio 2022 di Nicola Munaro e Raffaella Vittadello
Carmela Palumbo

VENEZIA - Lunedì si torna in classe, nessun dietrofront sulla didattica in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nonostante le perplessità di molti presidenti delle regioni che avrebbero preferito un rinvio dell’inizio delle lezioni.


Dottoressa Carmela Palumbo, lei è responsabile dell’ufficio scolastico regionale del Veneto: le decisioni prese dal Consiglio dei ministri sono le più opportune per contrastare l’aumento dei contagi?
«La decisione del Governo è conseguente a una lunghissima cabina di regia con il Comitato tecnico scientifico.

La scelta è stata fatta alla luce delle indicazioni degli esperti. La logica è stata quella di distinguere i protocolli per fasce di età, con un trattamento diverso per i più piccoli in cui la vaccinazione è soltanto all’inizio (il dato nazionale è intorno al 10 per cento nella fascia 5-11 anni, anche se nel Veneto siamo già all’11) rispetto ai ragazzi più grandi, che si sono vaccinati durante l’estate al 75,6 per cento. E che ora, proprio per evitare la dad, sono implicitamente invitati alla dose booster che è stata proprio ora autorizzata. Sostanzialmente per la fascia 0-11 anni non è cambiato nulla se non per gli insegnanti, che dovranno indossare delle mascherine ffp2, mentre le novità ci saranno alle medie e alle superiori».


La linea delle Regioni e dell'associazione dei presidi spingeva ad una regola che non differenziasse tra studenti vaccinati e non vaccinati, ma agisse in base ai contagi. Si è sposata invece un'altra strada, lei cosa dice?
«È vero che arriveremo a un trattamento in aula diverso tra ragazzi vaccinati e non, ma riguarderà una casistica ben precisa e limitata, ovvero la situazione di due positivi in classe nella scuola secondaria: solo con questa evenienza in aula andranno solo vaccinati e guariti da meno di quattro mesi, gli altri rimarranno a casa. Per un positivo si continuerà a rimanere tutti in classe, in regime di autosorveglianza e con mascherina Ffp2, mentre con tre positivi tutti in dad per 10 giorni, in modo indifferenziato al di là della vaccinazione. Non è ancora chiaro chi fornirà le mascherine più coprenti agli studenti, non è ancora disponibile il decreto. Quelle per gli insegnanti sono già in consegna nelle scuole. Ci sarà una mole di burocrazia ancora più corposa per il contatto continuo tra autorità sanitaria e scuola, che di volta in volta dovrà fornire i nominativi di chi è in quarantena. E non dimentichiamo che anche gli insegnanti possono essere contagiati o trovarsi in isolamento. Nel loro caso si tratta di malattia e devo essere sostituiti. E bisogna tener presente che una didattica mista, in una classe metà in presenza e metà da remoto, è molto più impegnativa dal punto di vista tecnico e professionale, proprio per la differenza di rapporto con gli studenti».


Insomma, com'è andato questo inizio di anno scolastico?
«Direi che c'è stata continuità didattica, i protocolli hanno funzionato anche con il piano trasporti. Quello che ha sparigliato le cose è stato l'ingresso della variante Omicron. Prima di Natale, tra novembre e dicembre, i contagi si sono concentrati soprattutto sui bambini della scuola primaria che in tutte quelle settimane hanno totalizzato la metà dei contagi scolastici sul totale. Il numero più basso di contagi è stato alle superiori, dove sale la percentuale dei vaccinati».


E con l'obbligo di vaccinazione ai dipendenti della scuola?
«L'obbligo è stato introdotto dal 15 dicembre, molti degli indecisi hanno prenotato nei venti giorni successivi la prima dose e quindi entro il 4 gennaio dovrebbero effettuare le vaccinazioni ed essere a posto per la ripresa. I numeri esatti li avremo solo dal 10 gennaio».


Qualcuno però...
«C'è chi ha mantenuto il punto di vista, ma in numeri assoluti non si va oltre a 1.500 tra professori e personale Ata in tutta la regione. Va detto che siamo di fronte a una platea di più di 80mila persone: si ricorre alla sostituzione con supplenti».


L'anno scolastico 2021/2022 è il primo degli ultimi a non venire bloccato in toto. Come sono stati i due anni precedenti?
«La scuola ha bisogno di un fattore stabile e di continuità nell'organizzazione della didattica che è mancata clamorosamente nei due anni precedenti. Il quadro che le scuole hanno avuto davanti in questi mesi è stato di una certa stabilità in presenza che ha favorito il processo di apprendimento e di insegnamento. Speriamo, ora, che si possa andare con questa stabilità».


Quanto grande è stato lo sforzo del mondo della scuola?
«Tutti hanno lavorato al massimo modificando la loro attività con un impegno suppletivo, ma è chiaro che la didattica intermittente si è riflessa sui processi di apprendimento e si sono registrati del ritardi nell'apprendimento certificati anche da Invalsi».


Quale lo spaccato in Veneto?
«Come in tutto il resto d'Italia anche in Veneto si sono registrati dei cali dei livelli di apprendimento, soprattutto nell'area scientifica: matematica la più penalizzata e anche le attività di laboratoriale sono state le più penalizzate. È, in pratica, aumentata la fascia di studenti che hanno livelli bassi nell'apprendimento della lingua madre, l'italiano, e nella matematica».


Si può tornare indietro?
«Nulla è irreparabile, i ragazzi sono molto ricettivi, sono delle vere spugne. Certo, bisognerà lavorare di più su chi si porta dietro carenze e lacune che si sono acuite in questi due anni di distanza dalle lezioni in presenza ma no, non ci sono dubbi su possibilità di recupero».

Ultimo aggiornamento: 17:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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