Intelligenza artificiale, Andrea Maggi: «Batte l'uomo sul tempo, ma non sostituirà mai la gioia di sperimentare»

Computer ormai inarrivabili per velocità di calcolo ed elaborazione di risultati e risposte. L'esperienza sensoriale resta un'esclusiva del genere umano

Domenica 17 Settembre 2023 di Andrea Maggi
Intelligenza artificiale, Andrea Maggi: «Batte l'uomo sul tempo, ma non sostituirà mai la gioia di sperimentare»

Andrea Maggi, il professore de Il Collegio, docu-reality di Rai 2, nella sua rubrica sul Gazzettino si interroga sulla relazione tra intelligenza artificiale e didattica. La nuova tecnologia può sostituire metodi di insegnamento? Bisogna cambiare gli obiettivi? Cosa rimane da insegnare che la macchina non può fare? Ecco il commento di Maggi.

Uno dei saggi più interessanti che ho letto di recente s’intitola “La scorciatoia” di Nello Cristianini (Il Mulino). Un lavoro pregevolissimo, utile a fare il punto su un argomento di strettissima attualità: l’intelligenza artificiale.

Cristianini, professore di I.A. all’università di Bath, ripercorre la storia di quella che oggi chiamiamo l’intelligenza delle macchine a partire dalla sua nascita, e in più fornisce al lettore interessantissimi spunti di riflessione sulle infinite declinazioni del significato della parola “intelligenza”.

Cosa vuol dire intelligenza artificiale?

Il termine, di derivazione latina, è composto da “intus” (dentro) e lègere (lèggere). L’intelligenza è ciò che permette di comprendere e che, dunque, determina un comportamento teleologico, ossia tende a uno scopo. L’insuperabilità dell’intelligenza artificiale è data dalla velocità con cui la macchina è in grado di analizzare milioni di esperienze attraverso la rete, e di calcolare tendenze, soluzioni e prospettive in pochi attimi, laddove la mente umana ci metterebbe più di una vita. Nel mondo scolastico oggi ci si interroga molto sulle implicazioni e sulle applicazioni dell’I.A. in rapporto alla didattica, nonché sull’opportunità di farle spazio eliminando certi apprendimenti ritenuti obsoleti per gli studenti. Per esempio: perché insegnare ancora l’aritmetica, quando una qualsiasi calcolatrice è in grado di effettuare operazioni complesse in pochi istanti? Perché insegnare ancora la grammatica, quando al giorno d’oggi qualsiasi programma di scrittura è dotato di un’intelligenza in grado di correggere gli errori ortografici e di prevedere la sintassi corretta da utilizzare? Perché far imparare a memoria una poesia, quando Alexa te la può recitare in qualsiasi momento? Oggi è urgente definire quale debba essere lo scopo dell’insegnamento: che cosa (e come) dobbiamo insegnare ai nostri studenti in modo che imparino a comprendere ciò che la macchina non è già in grado di comprendere meglio di loro? Uno spunto mi viene suggerito da un passaggio del libro di Cristianini. Un algoritmo ha molte cose in comune con una ricetta di cucina: entrambi hanno lo scopo di trasformare un input in un output. La ricetta prevede una serie di ingredienti dosati nelle giuste proporzioni, e poi procedimenti, strumenti e tempi per ottenere il prodotto finale. L’algoritmo può anche prevedere la modifica di determinati parametri per ottenere gli scopi più differenti, in autonomia dal suo creatore.

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Cosa non può fare la I.A.

Quello che l’intelligenza artificiale non può oggettivamente compiere è proprio l’esperienza, la sua fonte principale di apprendimento. Non può, per esempio, gustare il prodotto finito. Quella prerogativa è prettamente umana. Ecco che se c’è una cosa che la scuola non potrà mai rinunciare a offrire ai suoi studenti è proprio l’esperienza. Quale? Quella della scrittura, della lettura, del calcolo, della fruizione di un’opera d’arte, di un sentimento scaturito dalla lettura di una poesia o dalla visione di un’opera teatrale. Della capacità di astrarre, ricavando dall’esperienza sensoriale una visione del mondo, che è alla base della formazione del libero pensiero, prerogativa da sempre alla base dello sviluppo della scienza, della letteratura e della filosofia, frutto della determinazione, quella sì tutta umana, di sostenere idee valide anche se in controtendenza rispetto alla statistica delle preferenze. Se Galileo fosse stato un software, non avrebbe mai esplorato il cielo con quel coraggio per lui così “antieconomico” che gli causò la condanna, nonostante avesse ragione.

Ultimo aggiornamento: 17:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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