L'addio a Napolitano il primo Presidente che fu eletto due volte

Sabato 23 Settembre 2023 di Mario Ajello
Giorgio Napolitano

È stato il primo presidente della Repubblica italiana a venire eletto per due volte. Ha attraversato quasi tutta la storia del 900 ma la fine del «secolo della malafede ideologica» lo ha visto ugualmente protagonista perché, pur essendo stato un comunista, Giorgio Napolitano lo fu alla sua maniera: attenta al contesto, dialogante sempre, riformista pure.

Anzi migliorista, perché così venivano chiamati nel Pci quelli come lui: convinti che l'evoluzione graduale e occidentalista e laburista e socialdemocratica del Pci fosse l'unica carta spendibile da quel pezzo della sinistra per aiutare l'Italia.


Un tipo così, una volta dismessi gli abiti di Capo dello Stato, ed essersi trasferito nello studio di senatore a vita a Palazzo Giustiniani, gennaio del 2016, non poteva che continuare a fare politica, la sua passione. Fino alla fine è stato curioso di tutto ciò che si muove nel Palazzo e nel Paese.

 


LE RIFORME
Da riformista il suo impegno è sempre stato per le riforme. Quella costituzionale promossa da Renzi fino al referendum del 2016 la appoggiò con convinzione e aveva condizionato il proprio assenso alla richiesta delle principali forze politiche per il rinnovo (temporaneo) del mandato presidenziale proprio in cambio di una convinta mobilitazione dei partiti a riformare il sistema. E ancora: la sua bussola è rimasta sempre ben ferma, senza tentennamenti, sul versante dell'adesione ai temi europei a dispetto di una crisi epocale suscettibile di minare le fondamenta dell'unione. Napolitano ha affidato il suo pensiero a quattro interventi pubblici (poi raccolti in un volume), una sorta di testamento politico in cui suggerisce nuove motivazioni per rilanciare il processo d'integrazione europea dettate dal cambiamento planetario.


Il bilancio dei nove anni del suo doppio mandato (dal 2006 al 2015) racconta l'intreccio tra le spinte di una forte personalità, sempre pronta a far valere le proprie ragioni di opportunità politico-istituzionale, con quelle del custode della Costituzione strenuo difensore dei diritti di tutti. Soprattutto nell'ultimo periodo - prima e dopo il bis non richiesto al Quirinale - quando Napolitano è costretto a svolgere un ruolo di supplenza per mettere al riparo il Paese dagli attacchi della speculazione internazionale. La debolezza delle altre istituzioni (governo, partiti, Parlamento) rafforzano oltremisura il ruolo del Colle, spingendo alcuni costituzionalisti a parlare di un presidenzialismo di fatto.


LE ORIGINI
Nacque nel 1925 in una famiglia della buona borghesia napoletana. Si iscrisse nel 45 al Pci. «Entrai nel partito senza sapere molto di marxismo e dei suoi sacri testi», confesserà molti anni dopo. Si laureò nel 47 in legge. Durante l'università, partecipò ai Gruppi Universitari Fascisti. Molti anni dopo spiegò la sua appartenenza ai GUF: «Erano un vero e proprio vivaio di energie intellettuali antifasciste, mascherato e fino a un certo punto tollerato».


All'interno del GUF e nell'ambiente universitario conobbe alcuni degli uomini che lo avrebbero accompagnato nel resto della sua carriera. Da Antonio Ghirelli a Dudù La Capria. Quando poi entrò nel Pci fu Giorgio Amendola il suo padre politico. Da lui - ha spesso ricordato Napolitano - «ho imparato il senso profondo del rispetto delle istituzioni». Quello che da presidente della Repubblica non gli ha mai fatto difetto. Il 15 maggio 2006 venne eletto al Colle. Ci arrivava a quasi 81 anni dopo che Carlo Azeglio Ciampi, pochi mesi prima, lo aveva nominato senatore a vita. Era il coronamento di una «lunga marcia» attraverso le istituzioni di un comunista non ortodosso che aveva vissuto in trincea tutte le fasi della Prima Repubblica.


Da dirigente del Pci, appoggiò criticamente la linea del «compromesso storico» di Berlinguer (con cui era stato in lizza per succedere a Longo ma la spuntò il rivale) e la sostenne fino a quando non ne stigmatizzò i limiti tattici, rivendicando a nome della corrente «migliorista» una svolta in senso socialdemocratico. Nel 1978, come responsabile della politica economica del Pci, Napolitano è il primo dirigente ad ottenere il visto per entrare negli Usa. È un altro momento di svolta nella sua esperienza politica, sempre più insofferente per l'arroccamento ideologico del Pci. La distanze si faranno sempre più profonde fino alla svolta di Occhetto con la nascita del Pds, sulle macerie del muro di Berlino e del crollo dell'impero comunista.


LE ISTITUZIONI
La fase della milizia politica era finita. Almeno per il momento. Si apriva quella di un uomo al servizio delle istituzioni: prima come presidente della Camera durante la stagione rovente di Tangentopoli, poi come ministro degli Interni del governo Prodi, quindi presidente della Commissione affari costituzionali del Parlamento europeo. Fino alla chiamata al Colle. Napolitano chiarisce subito che sarebbe stato «il Presidente di tutti», che avrebbe fatto dell'imparzialità un dogma assoluto. Così è stato, almeno fino ad un certo punto. Beninteso, il capo dello Stato non si accontenta di un ruolo notarile, di «spettatore inerte» delle vicende politiche. Dedica molti sforzi per cercare di superare quel muro di incomunicabilità tra i poli, premessa indispensabile per consentire quella «democrazia dell'alternanza» che avrebbe fatto dell'Italia «un Paese normale». Ma lo stesso Napolitano deve riconoscere che gli appelli al dialogo sono vanificati dalla conflittualità permanente tra i due principali schieramenti cui si aggiunge per molti anni lo scontro sulla giustizia tra Silvio Berlusconi e le toghe. Rapporto con i giudici - va detto - difficile anche per Napolitano che sarà costretto a sollevare un conflitto di attribuzione sulla legittimità delle intercettazioni telefoniche disposte dai pm di Palermo nella presunta trattativa Stato-mafia e sarà chiamato a testimoniare al Quirinale.


Con Berlusconi non sono stati facili. Ma mai improntati a scontri di tipo ideologico. La tensione raggiunge l'acme quando la crisi economico-finanziaria del 2011 mette a nudo la paralisi del governo Berlusconi e la sua inaffidabilità di fronte ai partner dell'Ue. Lo spread vola fuori controllo e dal cilindro di Napolitano esce il «governo del Presidente» sotto l'egida di Mario Monti appena nominato senatore a vita. «Nessun complotto, io agii per l'Italia» si difenderà successivamente Napolitano rispondendo alle critiche di lo accuserà di una sorta di «golpe strisciante». Ma indubbiamente, con quella nomina che consente al Paese di resistere alla pressione della speculazione internazionale e di recuperare in parte la sua credibilità, il ruolo di Napolitano cambia. L'arbitro è costretto a entrare, suo malgrado, nel vivo della partita. È lui il garante della stabilità. Nel dicembre del 2012, quando Berlusconi stringe i tempi per la caduta del governo Monti e Napolitano scioglie le Camere con qualche anticipo, sembra che il suo mandato sia vicino all'epilogo. I suoi appelli per le riforme restano inascoltati così come i suoi moniti contro la corruzione dilagante che alimenta le schiere dell'antipolitica; anche la fede incrollabile verso l'Unione europea deve fare i conti con la miopia di alcuni partners incapaci di coniugare rigore con la crescita. È un bilancio non privo di amarezze quello che traccia «re Giorgio» nella primavera del 2013, in vista della conclusione del settennato.


IL BIS
Ma egli non sa e non può sapere che il Paese ha bisogno di lui, dopo che le elezioni politiche hanno spaccato la Camera in tre. Comincia così l'ultimo tratto del suo percorso al Quirinale con un altro «governo del Presidente», quello presieduto da Enrico Letta, fino all'approdo di Renzi a Palazzo Chigi.
Apparentemente, quel supplemento biennale di impegno al Colle è solo una «coda» imprevista ma necessaria. Con Napolitano il Quirinale è stato per molti anni lo snodo centrale del sistema politico-istituzionale ma non vi sono stati strappi, rotture o deroghe sostanziali rispetto al dettato costituzionale. Stiamo insomma parlando della parabola di un vero statista italiano. La parabola si è conclusa. Ma la storia italiana con Napolitano si è arricchita.

Ultimo aggiornamento: 11:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci