Casamonica, è mafia: la Cassazione conferma l'accusa nel maxiprocesso. Oltre 30 gli imputati

La condanna più alta, a 30 anni, stabilita dai giudici di secondo grado, era andata a Domenico Casamonica, ai vertici del clan romano

Martedì 16 Gennaio 2024
Il clan Casamonica è mafia: la Cassazione conferma l'accusa nel maxiprocesso: 30 imputati

Il clan Casamonica è mafia.

A sancirlo è la Cassazione con la sentenza che conferma nel maxiprocesso l'accusa di 416bis. I giudici della seconda sezione penale, esprimendosi sui ricorsi degli oltre trenta imputati, hanno sostanzialmente confermato l'impianto accusatorio e accolto il ricorso della procura generale riconoscendo anche l'aggravante dell'associazione armata per alcune posizioni di vertice per le quali è stato disposto un appello bis solo sul punto per rideterminare la pena. Caduta l'aggravante di aver agito nell'interesse del clan invece per posizioni di secondo piano.

La sentenza

I giudici della Corte d'Appello di Roma il 29 novembre del 2022 hanno ribadito l'accusa di 416bis. La condanna più alta, a 30 anni, stabilita dai giudici di secondo grado, era andata a Domenico Casamonica, ai vertici del clan romano. «Il gruppo criminale Casamonica, operante nella zona Appio-Tuscolana di Roma, con base operativa in vicolo di Porta Furba è organizzato in una 'galassià, ossia aggregato malavitoso costituito da due gruppi familiari dediti ad usura, estorsioni, abusivo esercizio del credito, nonché a traffico di stupefacenti, dotato di un indiscusso 'prestigio criminalè nel panorama delinquenziale romano, i cui singoli operavano tuttavia in costante interconnessione e proteggendosi vicendevolmente, così da aumentare il senso di assoggettamento e impotenza delle vittime, consapevoli di essere al cospetto di un gruppo molto coeso ed esteso», avevano scritto i giudici della Corte d'Appello di Roma nella sentenza con cui hanno confermato l'accusa di mafia per il clan.

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Le condanne

In primo grado, il 20 settembre 2021, erano state comminate 44 condanne per oltre 400 anni carcere. Al maxiprocesso si è arrivati dopo gli arresti compiuti dai carabinieri del Comando provinciale di Roma nell'ambito dell'indagine 'Gramignà, coordinata dal magistrato Michele Prestipino e dai sostituti procuratori Giovanni Musarò e Stefano Luciani. Con la sentenza i giudici hanno confermato l'esistenza di una associazione parallela dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti, con funzione agevolatrice dell'associazione mafiosa. Confermate inoltre le statuizioni di colpevolezza per i reati fine dell'associazione finalizzata allo spaccio e di quella di stampo mafioso, questi ultimi costituiti da usure, estorsioni, esercizio abusivo del credito, detenzione di armi e trasferimento fraudolento di valori.

Ultimo aggiornamento: 20:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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