Vulci, terra di scoperte e di misteri.
La terra ha restituito agli archeologi tre urne cinerarie in ceramica d’impasto di forma biconica, coperte da una ciotola e sigillate da una lastra di calcare, rinvenute in tre sepolture a “pozzetto” nell’area di scavo. I reperti presentano un apparato raffigurativo molto complesso e appartengono probabilmente ad una famiglia vissuta a Vulci agli inizi del IX secolo a.C.
«Al momento possiamo dire che le due urne di dimensioni maggiori - spiega Carlo Casi, direttore scientifico di Fondazione Vulci - contenevano le ceneri di due adulti, forse un uomo e una donna, mentre l’urna più piccola conservava quelle di un individuo di età tra i 9 e gli 11 anni. Non sono stati trovati oggetti di corredo e questo lascia presupporre un ruolo relativamente modesto del nucleo familiare all’interno della struttura sociale dei fondatori della prima Vulci. Le prossime indagini – conclude Casi - potranno confermare l’ipotesi».
Salvo le restrizioni previste per il contenimento della pandemia, Vulci ha in programma una intensa attività di scavo in cui saranno coinvolte diverse istituti universitari, con l’obiettivo di ricostruire ulteriormente la storia, la cultura, la società e l’espansione dell’insediamento etrusco-romano in questa antica terra. Nella necropoli di Poggetto Mengarelli è altresì in corso un intervento di valorizzazione che porterà i turisti a un viaggio nel tempo attraverso la realtà aumentata. Si tratta di un percorso, fruibile anche ai diversamente abili, in cui si potranno avere tutte le informazioni riguardo al sito archeologico.