A ruba il granchio blu sulla costa del litorale, è il piatto più curioso tra i turisti

Un crostaceo straniero diventa delizia culinaria, sfida l'ecosistema e solletica il palato locale. «A Pescia Romana nel fosso del Tafone il granchio blu viene pescato con il coscio di pollo»

Venerdì 25 Agosto 2023 di Marco Feliziani
A ruba il granchio blu sulla costa del litorale, è il piatto più curioso tra i turisti

“M’hai provocato? Io me te magno!” Lo diceva Alberto Sordi davanti a un bel piatto di spaghetti nel celebre film “Un americano a Roma”.

Solo che questa volta a provocare il palato è il chiacchieratissimo granchio blu (Callinectes sapidus) che è finito in questo periodo dell’anno anche sui piatti della costa del viterbese. Questa specie è stata introdotta nei mari italiani attraverso le grandi navi cargo in arrivo dal continente americano. Si riproduce al ritmo di 2 milioni di uova per ogni femmina l'anno.

Lo sanno bene i pescatori di Montalto Enzo e Sergio, che dagli anni ’60 battono questo mare tutti i giorni. «Due anni fa abbiamo trovato nelle reti questa specie di crostaceo mai vista prima - dicono - divora la spigola, così come le cozze e le vongole, mangiano di tutto. Non solo. I danni ci sono anche alle reti. Se non stai attento - commentano scherzosamente - te se magnano pure a te!» Eppure il granchio blu è entrato nella filiera ittica della vicina laguna di Orbetello in Toscana, divenendo un vero e proprio business. Lì ce ne sono a migliaia perché è un crostaceo che vive tranquillamente anche nell’acqua dolce dei fiumi, in quella salmastra delle paludi e si riproduce molto velocemente. «A Pescia Romana nel fosso del Tafone - dice un altro pescatore - i granchi blu li pescano con i cosci di pollo. Prendono la carne e l’attaccano al filo da pesca della canna, poi una volta che le grandi chele stringono l’esca, con l’aiuto di un coppo li trascinano a terra».

Comunque al palato piace, perché è ricco di polpa ed è più succulento del classico granchio che vive nei nostri mari. «C’è molta richiesta non solo tra i ristoratori, ma anche dai privati - dice la pescheria dei fratelli Maurizi al lido di Montalto -. Noi vendiamo il granchio blu italiano, che viene pescato nell’Adriatico e il carico arrivato questa mattina è già terminato. Nella settimana di ferragosto abbiamo venduto circa 70 chili. Da parte nostra incentiviamo la vendita, ma c’è anche curiosità da parte del cliente, e poi il prezzo è basso si aggira tra gli otto e i dieci euro al chilo. I clienti sono soddisfatti».

Se da un parte il granchio blu è l’ennesimo esempio di come anche le più semplici azioni umane siano in grado di danneggiare gravemente ambiente ed ecosistemi, ovvero liberando una specie non autoctona in un diverso sistema marino, dall’altra sta incentivando l’intera filiera. Nel Mediterraneo questa specie di granchio si sta riproducendo tantissimo, riuscendo a resistere anche al suo principale predatore che è la tartaruga marina. Una catena alimentare che termina comunque sulle nostre tavole arricchendo i menu di nuove pietanze.

«A tavola in questo periodo è molto richiesto - spiega il maître dell’Hotel Vulci - in un turno il 40% dei primi piatti è a base di granchio blu. Una volta pescato ha un periodo di vita più lungo degli altri crostacei. L’astice vivo muore dopo due giorni, l’aragosta anche meno. Tutti i clienti ci dicono che è buonissimo. Da quando è stato introdotto nel nostro menu abbiamo venduto cinquecento piatti, si parla in media di circa trenta ordinazioni a servizio. Molti clienti lo prendono per assaggiarlo e il feedback è positivo».

Enzo, uno dei pescatori di Montalto con il granchio blu appena pescato
Ultimo aggiornamento: 19:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA